
È finito in anticipo il mandato esplorativo che stava diventando come un cerino nelle mani di Nicola Zingaretti. E rischiava pure di scottarlo. Così, il presidente della provincia, con tempismo, prima ancora delle 48 ore richieste dal mandato, ha subito dato l’esito della sua verifica. La situazione, in sintesi, è questa: il Pd laziale vorrebbe Emma Bonino che però non raccoglie il sostegno dell’Udc, allora per allargare l’alleanza ai centristi emerge l’esigenza di una candidatura nazionale in grado di farlo. In due parole, la questione Lazio torna nelle mani di Pierluigi Bersani. Leggiamolo dalle dichiarazioni di Zingaretti: «A questo punto, emerge l’invito al Pd di assumere una iniziativa politica, a mio giudizio, dovrebbe concentrarsi su una scelta tra due ipotesi: o l’individuazione di una forte e autorevole candidatura di carattere nazionale; o la verifica di un possibile sostegno alla candidatura Bonino». Ascoltando alcuni dirigenti locali, i nomi "nazionali" prescelti sono la presidente e il vice-segretario del Pd: Rosy Bindi ed Enrico Letta. Insomma sarebbero loro gli unici in grado di allargare la coalizione fino all’Udc di Casini che ieri ha tagliato corto. «Se il Pd pensa di candidare la Bonino allora noi sosterremo Renata Polverini».
Un bel caos. E il tempo stringe visto che la candidata del centro-destra sta facendo campagna elettorale senza un avversario prescelto dall’altro campo. Certo, c’è Emma Bonino ma sul suo nome il Pd fa ancora fatica a esprimersi. La candidatura della vicepresidente del Senato, radicale eletta nelle liste del Pd, rischia tra l’altro di far esplodere mini-scissioni dei cosiddetti teo-dem. Per il momento ieri si è espressa Paola Binetti che non ha lasciato spiragli: «Un sostegno del Pd alla candidatura Bonino sarebbe per me una ragione forte per andare via». In subbuglio anche tutta l’area ex Ppi che in Beppe Fioroni ha un punto di riferimento. Insomma, di nuovo divisioni. Perché, dall’altra parte della barricata c’è Ignazio Marino che con la sua mozione congressuale ha avuto un risultato molto importante in Lazio e che appoggia la Bonino: «È una candidatura rilevante di una persona di grande prestigio, in grado di attrarre moltissimi voti del centro-sinistra».
Va detto però che anche il "gioco" dell’Udc non appare chiaro fino in fondo ai democratici. Lo diceva Matteo Orfini, componente della segreteria Pd, che è dentro le vicende del partito locale. «Sono due mesi che chiediamo all’Udc di proporre una candidatura adatta ad allargare la coalizione. Avevamo addirittura chiesto che esprimessero una loro candidatura. Tutto questo non è avvenuto. E del resto – continua Orfini – ancora adesso non si sono espressi su un nome alternativo alla Bonino in grado di coinvolgerli in un’alleanza con noi. C’è il fondato dubbio che nel Lazio abbiano già scelto la Polverini. Se così è, vuol dire che Casini è disposto a entrare in una coalizione con Francesco Storace». Insomma, quello che appare evidente è che la partita dell’Udc sia a due: Casini-D’Alema in Puglia; Casini-Fini in Lazio.
Oggi c’è la riunione del partito locale e nazionale con il segretario, Pierluigi Bersani, che dovrà sbrogliare la matassa. Già ieri Bonino ha sentito al telefono Zingaretti e gli ha posto un problema «nazionale» se davvero ci sarà la convergenza del Pd sul suo nome. «Ribadisco – ha detto la senatrice radicale – che da mesi stiamo raccogliendo le firme per le liste Bonino-Pannella in tutta Italia. Il Lazio è certamente una autorevole regione italiana ma c’è un problema di dialogo a livello nazionale». Lo ripete Marco Pannella: «La vicenda laziale deve fare parte di un discorso politico nazionale ed è emersa la constatazione che sia necessario, su tutte queste vicende, un incontro politico tra noi e il Pd».
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