
Sul caso Marrazzo il presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli, ha scritto al presidente Rai, Paolo Garimberti. Caro Presidente, per irrituale che sia, credo di dover scrivere a te, primo garante dell’immagine del «servizio pubblico», questa lettera per la verità non rivolta solo alla Rai. Al pari di tutto il Paese sto assistendo all’uso e all’abuso del «Caso Marrazzo», come lo chiama chi, disincarnandolo dalla sua umanità, gli dedica un’attenzione mediatica che supera ogni criterio civile e qualunque principio umano. Il succedersi quasi agonistico di servizi e commenti con l’intervento multiplo e successivo di persone coinvolte nella triste vicenda, hanno tenuto vivo nella comunità nazionale uno spettacolo privo di avvedutezze e di pietà; specie se penso a quanti, soprattutto i bambini, hanno potuto cogliervi aspetti inquietanti. Che una bimba di otto anni potesse assistere a quel massacro della figura paterna non bastava per scoraggiare l’idea di trarne qualche punto di share e qualche spot pubblicitario? Abbiamo trascorso quasi una vita in questo mestiere, e sappiamo dove comincia e finisce il diritto di cronaca: ora, mi chiedo a quale anestetico professionale e morale ci si consegna non interrogandoci sulla qualità delle nostre scelte. «Il vuoto di molti uomini d’oggi— dice il rabbino Abraham Heschel — è dovuto al fatto che hanno cessato d’interrogarsi sulla natura dei gesti che compiono; mentre l’essenza dell’uomo sta nel valore di ciò che compie per ricreare se stesso, cioè per diventare sempre più umano». Il venir meno, anche senza dolo, a questa responsabilità non ci fa migliori di chi, per una drammatica debolezza, si è messo sciaguratamente in gioco. Forse siamo tutti un po’ meno colpevoli, e un po’ più poveri. Un caro saluto
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