
Non mi hanno mandato un essere umano, ma un corpo svuotato. Una carcassa, ecco cosa mi hanno restituito, una carcassa!». È del proprio figlio che parla, Cira Antignano.
O meglio, di ciò che di lui le rimane a quasi due anni dall'inizio di una dolorosa odissea personale e giudiziaria.
Era l'estate del 2010 quando Daniele Franceschi morì nel carcere francese di Grasse. Il 25 agosto. E il 36 enne di Viareggio era recluso li da oltre cinque mesi con l'accusa di falsificazione e utilizzo indebito di carte di credito. Si parlò di un malore, ma le circostanze del decesso apparvero da subito poco chiare e le spiegazioni delle autorità locali poco convincenti, soprattutto di fronte a una madre, Ora, che in tante lettere aveva potuto conoscere una realtà carceraria fatta di indifferenza, di soprusi e cure negate. Una realtà ostile, come l'accoglienza che solo un paio di mesi più tardi la gendarmeria avrebbe riservato a lei, percossa, ammanettata e arrestata davanti alla prigione di Grasse, dopo aver tentato di gridare il proprio dolore e chiedere l'accertamento della verità sulla morte di Daniele. Per tutta risposta la donna si vide restituire una salma vuota, in pessimo stato di conservazione - come riconosciuto dal medico legale della Asl - e dalla quale gli organi interni erano stati asportati con una procedura assolutamente anomala, che avrebbe reso impossibili ulteriori accertamenti e l'individuazione di eventuali lesioni interne. Cira però non si era data per vinta.
Altre due volte tra volata in Francia, per manifestare davanti all'Eliseo, e aveva perfino scritto una lettera alla Première dame Carla Bruni-Sarkozy. Indagati per la morte di Daniele Franceschi ci sono ad oggi un "medico e due infermieri dell'ospedale di Grasse, con l'accusa di omicidio involontario (che corrisponde all'omicidio colposo del codice italiano). I sanitari avrebbero sottovalutato i sintomi di un infarto. Sul tavolo restano però molti dubbi, che la deputata radicale Rita Bernardini ha riassunto in un'interrogazione ai ministri della Giustizia e degli Esteri.
Mentre i giudici continuano a negare l'invio in Italia degli organi asportati dal corpo di Franceschi. Ecco perché Cira Antignano non intende abbassare la guardia e in occasione del secondo turno delle presidenziali francesi è tornata a far sentire forte la propria voce. Forte, come il 25 aprile scorso dal palco della Marcia per l'Amnistia, la Giustizia e la Libertà, davanti a migliaia di persone e soprattutto di donne. Di cittadine come lei, come Baria Cucchi, Lucia Uva e Patrizia Aldrovandi. Che da anni lottano per strappare allo Stato quei diritti che lo Stato dovrebbe garantire a ciascuno di noi.
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