"Lo vogliono censurare violano la Costituzione"

Il regista ultraliberal, la pasionaria dei diritti umani, il re del porno e una folta pattuglia di docenti della Columbia University: il partito americano dei sostenitori dell’hacker-giornalista australiano Julian Assange non potrebbe essere più variegato ma le motivazioni che lo accomunano sono le stesse: il rifiuto della censura, la difesa della Costituzione e la sorte del giornalismo investigativo.

 

 Il primo a uscire allo scoperto è stato Michael Moore, il regista fustigatore del presidente George W. Bush e della malasanità americana, recapitando a Wikileaks 20 mila dollari per aiutare Assange a pagare la cauzione in Gran Bretagna. «Dobbiamo tenere in vita Wikileaks per farlo fiorire» ha scritto Moore sull’Huffington Post tracciando un parallelo fra i suoi documentari-denuncia sull’operato del governo federale e la rivelazione di rapporti segreti del Dipartimento di Stato e del Pentagono da parte di Assange.

 

 Ventiquattr’ore dopo è stato Larry Flint, indiscusso re dell’industria porno, a superarlo mettendo sul piatto 50 mila dollari per la difesa del fondatore australiano di Wikileaks. «Bisogna dirlo chiaro, Julian Assange è un giornalista e per molti di noi è anche un eroe» ha detto Flint, definendosi «stanco e schifato da politici e opinionisti che lo trattano alla stregua di un criminale». E aggiunge: «Se Wikileaks fosse esistito nel 2003, quando George W. Bush inventò la guerra in Iraq, forse l’America si sarebbe risparmiata l’orrenda situazione nella quale ci troviamo».

 

 La convergenza fra Moore e Flint è nel definire «censura» il tentativo di mettere a tacere Wikileaks, con una terminologia ripresa anche da Bianca Jagger, moglie della rockstar Mick e attivista dei diritti umani. Il conduttore della tv Msnbc Keith Olbermann arriva a sostenere Assange percorrendo un’altra strada: la denuncia della «vergogna giudiziaria della Svezia» per le accuse di stupro rivolte ad Assange. «Le violenze sessuali hanno purtroppo toccato la mia famiglia - ha detto Olbermann in una confessione in diretta tv - e nessuno può accusarmi di prenderle alla leggera quando dico che le accuse nei confronti di Assange non sono sostenute dai fatti». Tali parole hanno comportato per il conduttore un assalto al sito su Twitter, che ha poi chiuso.

 

Anche l’Unione per le libertà civili (Aclu) fa leva sugli aspetti giuridici, appellandosi al Primo Emendamento della Costituzione americana - che tutela la libertà di espressione - per criticare chi, nell’Amministrazione Obama, sta preparando l’atto di incriminazione per spionaggio. «L’eventuale imputazione di reati a Wikileaks non sarebbe una buona idea sul piano dei diritti civili né rispetterebbe la Costituzione - afferma Hina Shamsi, direttore del Progetto sicurezza dell’Aclu - perché precedenti sentenze di tribunali americani hanno stabilito che il Primo Emendamento tutela le parti terze che pubblicano informazioni segrete». È una tesi che porta l’Aclu ad affermare che «perseguire Assange sarebbe come incriminare il «New York Times o il Guardian» per aver pubblicato i documenti» ricevuti dal soldato dell’intelligence americana Bradley Manning. «Questa vicenda dovrebbe spingere il presidente Barack Obama in tutt’altra direzione - conclude Shamsi - ovvero a rispettare l’impegno, assunto con gli elettori, di garantire una maggiore trasparenza degli atti del governo». Come dire, in realtà Assange sta facendo ciò che Obama aveva promesso nella campagna del 2008.

 

I docenti più in vista della facoltà di giornalismo della Columbia University concordano con l’interpretazione del Primo Emendamento fatta dall’Aclu e in una lettera a Obama e al ministro della Giustizia Eric Holder si dicono «preoccupati per l’ipotesi che lo staff di Wikileaks possa essere incriminato per la pubblicazione di documenti segreti, perché sarebbe un precedente pericoloso nei confronti del giornalismo investigativo».