
Vladimir Putin è tornato al Cremlino ieri, riconquistando da padrone le stanze dorate che per la terza volta l’hanno visto come protagonista della cerimonia dell’entrata in carica di presidente russo. Un cerimoniale ormai collaudato, che però stavolta si è svolto in una Mosca blindata per le proteste dell’opposizione, un esordio di regno pieno di tensione.
Mentre i canali tv russi inquadravano l’uscita di Putin formalmente ancora premier - dal palazzo bianco del governo sulla Moscova, e il procedere del suo corteo verso il Cremlino in una città totalmente deserta, sgomberata da automobili e passanti, a poche centinaia di metri la polizia arrestava a decine gli attivisti dell’opposizione, ma anche chi semplicemente aveva avuto la brutta idea di passare vicino in quel momento. Almeno 300 i fermi, che vanno ad aggiungersi ai 650 del corteo di domenica, in una manifestazione di brutalità che coincide con il passaggio della presidenza dal «liberale» Dmitry Medvedev a quello che anche nei quattro anni di assenza dal Cremlino appariva a molti come il vero zar.
La cerimonia si è svolta più o meno secondo il copione che lo stesso Putin aveva scritto già all’epoca della sua prima presidenza, nel 2000. Scenografie che si rifanno ai Romanov, con le stanze di gala del Cremlino popolate di aquile imperiali a due teste e i soldati del reggimento del Cremlino vestiti con uniformi di foggia ottocentesca, musiche di Chaikovsky e Glinka, il patriarca Kirill che officia la liturgia solenne per l’investitura. Tra i presenti - tutta la nomenclatura russa, diplomatici, oligarchi, diversi ospiti stranieri, tra cui Silvio Berlusconi e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder - la più chiacchierata era la first lady Liudmila, riemersa dopo una lunga assenza che aveva alimentato gossip di divorzio e addirittura di fuga in monastero.
Putin ha giurato sulla Costituzione (quando ha promesso di difendere i diritti umani qualcuno dei tremila vip presenti ha fischiato), e ha promesso che la Russia è un «grande Paese con un grande futuro». Intanto nel centro di Mosca la polizia dava la caccia agli oppositori nelle piazze e addirittura nei bar alla moda, dai quali gli avventori venivano portati via a peso verso i cellulari. Molti sono stati rilasciati dopo qualche ora, anche per mancanza di posti in cella, e hanno raggiunto in nuovi focolai di protesta che hanno continuato ad accendersi per la città fino a sera.
© 2012 La Stampa. Tutti i diritti riservati