
Un feretro avvolto in una bandiera greca, e dentro l'euro: così l'aveva raccontata una copertina del giornale tedesco Der Spiegel. Previsione sbagliata: per ora. Il Partenone non diventerà la sede europea della Lehman Brothers, la bancarotta è rinviata. Di quanto, e se per sempre, lo decideranno i greci; e poi i cittadini dell'Unione Europea, e poi le banche. I greci: ognuno di loro ha sul gobbone 30 mila euro di debito pubblico, in tutto 340 miliardi, il 155% dei Pil, primato europeo. Finora - come dimostrano i tumulti di ieri ha funzionato la molla dell'orgoglio nazionale o della disperazione davanti all'austerità: molti temono che più tasse, e meno salari, strangolino la classe media. Ma i due terzi di quel debito pubblico si trovano già in mani straniere: e l'orgoglio non viene accettato in garanzia dai creditori. Metà dei 110 miliardi prestati un anno fa da Ue e Fmi è stata poi impiegata: e non basta l'orgoglio a pagare stipendi e pensioni di luglio; infatti lo faranno i 12 miliardi di Bruxelles e Washington sbloccati - se il secondo voto di oggi lo confermerà - dal «sì» del Parlamento. Grazie a un soprassalto di realismo o di paura, i greci hanno fatto dunque la loro parte. Ma ora tocca all'Europa, o il contagio non sarà fermato. L'Olanda o la Finlandia si dicono già contrarie ad aiutare Atene. Il problema è che, come ha detto qualcuno, non si può salvare l'Europa senza salvare la Grecia.
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