
C'era un solo mezzo efficace di sabotare l'appello del cardinale Bagnasco a non votare Bresso e Bonino, e il Cavaliere l'ha trovato. La sua lettera untuosa al Papa ha ricordato la posta in gioco: si vota sul suo sgovernare.
Ascoltare l'adulazione del consumatore di puttane, fornite dal faccendiere Tarantino, assistere ai salamelecchi del garante cesareo di quel sistema che ha favorito le malversazioni sulle opere straordinarie della Protezione civile - una "fogna peggio di Tangentopoli", ha scritto l'Avvenire - svuota di senso qualsiasi richiamo della sua parte politica alla "religione cristiana" e incoraggerà preti, suore, frequentatori della messa domenicale (che non condividono la politica sua e dei suoi alleati xenofobi) a votare serenamente per l'opposizione.
Ero in Vaticano, mentre arrivava sulle agenzie la notizia della lettera di Berlusconi, e il mio interlocutore - ben agganciato con la Segreteria di Stato - ha semplicemente sorriso: "Mancano pochi giorni alle elezioni". Anche Oltretevere Berlusconi non viene ormai preso sul serio, se non quando si tratta di favori legislativi che il governo può concedere.
In realtà l'indicazione di voto delle alte gerarchie ecclesiastiche contro i cosiddetti fautori dell'aborto è destinata ad incidere pochissimo. Per un triplice motivo. Le crociate contro i fautori della legge sull'aborto, della pillola del giorno dopo e della Ru486 convincono solo i già convinti: una netta minoranza. D'altronde la legge sull'interruzione di gravidanza è un'acquisizione ampiamente metabolizzata dalla società italiana. Trent'anni fa la 194 ebbe l'appoggio del 68 per cento dei votanti e quando nel 2008 Giuliano Ferrara, osannato da tutte le autorità ecclesiastiche, lanciò la crociata contro l'aborto e si presentò alle elezioni, la sua Lista per la Vita ottenne in tutta Italia miseri centotrentacinquemila voti.
Ma soprattutto la Chiesa non intende lasciarsi strumentalizzare e le dichiarazioni di Bagnasco e dei vescovi liguri sul voto in Liguria (seguite alla relazione pronunciata lunedì dal cardinale al consiglio Cci) non a caso sono state considerate come una frenata, dal momento che il cardinale e i suoi confratelli "legano" la questione dell'aborto a temi squisitamente sociali come il lavoro, la casa, l'ecologia e l'accoglienza degli immigrati. Punti debolissimi dello schieramento berlusconiano. Senza dubbio il Vaticano e la presidenza della Cci non vogliono la vittoria della Bonino a Roma. Lo ha fatto capire chiaramente il Vicariato della diocesi del Papa, che in una nota ha sottolineato come non si possano "concedere deleghe di rappresentanza politica a chi persegue altro progetto politico, che ci è estraneo e che non condividiamo".
E il direttore di Avvenire Tarquinio ha scritto esplicitamente: se Bonino sta in un punto, "io vado dall'altra parte". Tuttavia, quando i vescovi stendono l'elenco dei valori-base di un progetto politico cristiano, si arriva ad un paniere che lascia aperte tutte le scelte. Basta guardare l'elenco contenuto nella nota di Bagnasco e dei vescovi liguri: "Rispetto della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, tutela della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, diritto di libertà religiosa, libertà della cultura e dell'educazione, diritto al lavoro e alla casa, accoglienza degli immigrati rispettosa delle leggi e volta a favorire l'integrazione, promozione della giustizia e della pace, salvaguardia del creato". Di fatto non esiste un partito che possa incarnare perfettamente questi comandamenti.
Perciò gli elettori cattolici - come avviene già da anni - sceglieranno in base alle proposte programmatiche, che maggiormente si avvicinano alle proprie preferenze. A Roma le comunità di base rivendicano la "libertà di coscienza dei credenti".
Milioni di elettori la praticano da tempo anche senza proclami. Le suore, che nel Lazio rappresentano un esercito (circa diciottomila), generalmente sono molto sensibili ai problemi sociali e ragionano con la testa propria senza attendere indicazioni dall'alto. Mentre i duemila
parroci hanno opinioni variegate come tutti gli italiani.
A Caserta, per fare un esempio, dieci parroci e due comunità religiose appoggiano pubblicamente una lista di sinistra. E' vero che la Cei - anche attraverso il suo portavoce insiste nel rilevare che vita, matrimonio, libertà educativa e libertà religiosa sono principi che fanno da "fondamento" agli altri diritti, ma chi ha letto tutta la relazione del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente Cei si è accorto che nei fatti assomiglia ad una requisitoria contro le mancanze del governo.
Bagnasco ha parlato della sofferenza dei giovani precari, ha sottolineato l'urgenza di iniziative per l'occupazione, ha evocato i suicidi per disperazione di lavoratori e imprenditori, ha ricordato le famiglie "in ansia" perché non ce la fanno ad andare avanti, ha denunciato lo "sfruttamento criminale" del lavoro immigrato e la violenza xenofoba, ha condannato l'egoismo e il malaffare
alle spalle dei "cittadini comuni che vivono del loro stipendio e della propria pensione", ha usato parole di fuoco contro la "falsa indulgenza" nei confronti di chi ruba. Tematiche vistosamente assenti nella campagna elettorale del Cavaliere.
Naturalmente in caso di testa a testa la gerarchia ecclesiastica può mobilitare una piccola percentuale di fedelissimi nel clero e nelle organizzazioni cattoliche, capaci di fare la differenza. Però nessun intervento papale o della Cei sposta più masse importanti. Semmai i pericoli per la Bonino possono venire dall'interno del Pd, da frange di ex democristiani tentati di danneggiare Bersani per punirlo di avere accettato una candidatura radicale. Sarebbe, però, una sconfitta proprio per i cattolici moderati. Loro, da una vittoria della candidata del centro-sinistra, acquisterebbero la libertà di fare politica come gli esponenti cattolici in Germania. Senza il diktat di essere cinghia di trasmissione per astratti "principi non negoziabili".
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