
07/01/11
Libero Quotidiano
E torniamoci ancora, per la verità di malavoglia, su questa storia della signorina da Reggio Emilia che sostiene d’aver trascorso nottate inconfessabili con il presidente della Camera. Dice: malavoglia malavoglia, però intanto ne riparlate. E certo. Spieghiamo: ieri Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un’intervista con la escort in questione, in cui ribadiva la dichiarazione. Nell’impostazione grafica della pagina del quotidiano, è stato poi isolato questo virgolettato: «Belpietro mi ha fatto un’intervista video ma non l’ha mai utilizzata». Intendiamoci, il giornalista del Fatto sul punto s’è poi dimostrato corretto, chiedendo a Lucia/Rachele se il direttore di Libero avesse chiesto e ottenuto una prova di quanto lei andava dicendo. Con la donna prima a dichiarare che la prova era stata fornita, poi a virare su un «non so cosa rispondere», infine a negarlo. E però con l’intervistatore - maliziosamente? - a ribadire in corsivo come la escort avesse inizialmente dichiarato che una prova era stata effettivamente esibita. Tanto che qualcuno potrebbe immaginare che giaccia ora in chissà quale cassetto, pronta a saltar fuori all’occorrenza. In ogni caso, meglio allora raccontare com’è andata. Anche perché è interessante capire che cosa di questi tempi si muove per le redazioni.
Allora. Il 13 dicembre scorso arriva in redazione questa ragazza, accompagnata da un amico. Chiede di parlare con il direttore Belpietro, dice di voler rilasciare dichiarazioni esplosive che coinvolgono Gianfranco Fini. Il direttore chiama proprio chi scrive. Il quale, tanto per esser chiari, nient’affatto berlusconiano e però allergico alle faccende di escort e buchi della serratura, parte anche un po’ prevenuto. In ogni caso, Belpietro si raccomanda che ogni parola possa essere in seguito riscontrata. E siccome Libero ha un sito internet che può ospitare anche dei video, si decide di riprendere il tutto con una telecamerina da computer.
L’intervista comincia. Lucia/Rachele, com’è ormai noto, racconta d’aver incontrato il presidente della Camera. Nel novembre del 2009, in un appartamento di Modena. E insomma, si sa: la signorina parla di questa fantomatica nottata di sesso estremo, 500 euro pattuiti, 1.000 poi consegnati. Per la verità a noi riferisce di una sola notte, mentre in altre successive interviste avrebbe poi accennato a diversi incontri. Le chiediamo comunque se si ricordasse il giorno preciso, e lei ci dice che no, non lo ricorda. «Ma è sicura che si trattasse del presidente Fini?». Lucia/Rachele descrive la scena, dice che lei l’aveva riconosciuto subito, e poi gli si era rivolta chiedendoglielo, «ma sei Gianfranco Fini?», e lui non aveva risposto ma aveva sorriso. Quanto di più generico e indimostrabile: nessuna prova fornita, nessun testimone se non un misterioso accompagnatore, che poi era stato quello che l’aveva precedentemente contattata recuperandone il numero attraverso internet. Fine dell’intervista, che - come detto - è videoregistrata. La signorina e il suo amico salutano e se ne vanno.
A questo punto se ne parla col direttore. Subito emergono le perplessità. Proviamo a vedere se si trova uno straccio di riscontro: niente. Ne riparliamo con il direttore: no, non se ne fa nulla. Qualche giorno dopo, proprio Belpietro avrebbe raccontato la vicenda, peraltro sottolineando la non certo inattaccabile credibilità del soggetto, e arrivando anche a ipotizzare di una «polpetta avvelenata» riservata proprio a Libero.
Questo è accaduto. E che cosa succede? Succede che adesso, dopo l’intervista sopra citata del Fatto, si comincia a ventilare chissà quali retroscena. Per fare un esempio, per di più citando una fonte che - sempre per chi scrive rappresenta un esempio di serietà: Radio Radicale. Con Massimo Bordin, inarrivabile conduttore della rassegna stampa mattutina, a chiosare che, se Libero quest’intervista non l’ha pubblicata, «potrebbe voler dire che il direttore l’ha ritenuta poco attendibile», però poi aggiungendo che «potrebbe anche voler dire altro, francamente». Francamente no.
E comunque, senza qui riferirsi a Radio Radicale, fateci capire: se avessimo pubblicato l’intervista alla escort, saremmo stati additati come «cialtroni», «macchina del fango», «metodo Boffo» e quant’altro - e però se lo fanno colleghi di altre testate, allora loro sono bravi e indipendenti. Se invece non la riteniamo sufficientemente attendibile e non la pubblichiamo, allora si adombrano addirittura chissà quali macchinazioni, censorie nel migliore dei casi, ricattatorie nel peggiore. Diteci un po’ che cosa si deve fare.
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