
04/01/11
L'Unità
Nichi Vendola rischia di rimanere il solo a chiedere le primarie subito per scegliere il candidato premier che dovrà sfidare la destra. Il Pd alla Direzione del 13 dovrebbe stringersi attorno alla proposta del segretario di lavorare sul «patto costituente» con le altre forze politiche e sociali interessate ad andare «oltre Berlusconi» e sulla «sequenza logica» più volte sottolineata da Pier Luigi Bersani, che prevede prima il programma, poi le coalizioni e infine le primarie per la premiership. Il governatore della Puglia ha fiutato l’aria e continua a rilanciare la necessità di convocare al più presto il popolo dei gazebo: «Le primarie possono rispondere alla crisi dei partiti, possono illuminare una platea più larga dove non ci sono solo i partiti, facciamole, confrontiamoci».
Ma l’appello di Vendola finora è caduto nel vuoto, soprattutto al di fuori dei confini del Pd. L’altro alleato per così dire naturale dei Democratici e di Sinistra e libertà, l’Italia dei valori, sposa infatti il timing proposto da Bersani. «Le primarie le vediamo come un possibile e positivo punto di arrivo dopo aver individuato una coalizione e un programma da proporre agli elettori», dice Antonio Di Pietro. «Farle invece solo sui nomi, come puro specchietto per le allodole, rischia di essere un passo azzardato». Il leader dell’Idv sottolinea di essere «favorevole» alla consultazione popolare, ma dice anche che prima di chiamare militanti e simpatizzanti a un pronunciamento «bisogna individuare una coalizione e un programma». Anche i Radicali dimostrano, non da oggi, uno scarso entusiasmo per il modo in cui si svolgono da noi le primarie. Emma Bonino rimane convinta che un conto è come avvengono nei sistemi bipartitici, un conto sono quelle in salsa italiana: «O ci si mette un po’ d’ordine o una pietra tombale, visto che al momento sembrano soprattutto uno strumento per fare la conta interna».
Per non parlare della proverbiale contrarietà a ricorrere a questo strumento da parte dell’Udc. La situazione politica è ancora molto confusa e solo alla ripresa dei lavori parlamentari si capirà se l’ottimismo ostentato da Berlusconi sulla tenuta del governo sia fondato o meno. Non bisognerà però attendere molto per capire se si andrà alle urne in primavera, visto l’aut-aut lanciato dalla Lega (federalismo entro gennaio o si va al voto) e visto che tra il 17 e il 23 il federalismo sarà discusso in commissione Bilancio e Affari costituzionali, dove al momento Pdl e Lega sono in minoranza (a causa del passaggio dei finiani all’opposizione). Gli appelli ai centristi ad entrare nel governo finora sono caduti nel vuoto e l’Udc, che finora è stato l’unico partito a votare in Parlamento sempre contro la legge cara alla Lega, non dovrebbe cominciare ora a fornire stampelle su questo terreno. Bersani continua a lavorare per accorciare le distanze con il partito di Casini. E in caso di un voto anticipato, per dar vita a una coalizione «emergenziale» potrebbe anche rinunciare alle primarie per scegliere chi sarà a sfidare Berlusconi.
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