Articolo di Massimo Gatto pubblicato su Avvenire, il 25/03/11
Vasco Rossi stavolta deve essersi ricordato di avere la tessera numero 25 del Partito Radicale e di essere iscritto da oltre vent'anni. Così nel nuovo album Vivere o niente («il titolo rispecchia la mia regola di vita» dice lui) ha confezionato, pur con una punta di ironia, un Manifesto futurista della nuova umanità. Di nuovo, però, c'è ben poco. A partire da certi echi rock dell'Iggy Pop di The passenger. Il suo «uomo nuovo» è consapevole del miracolo della propria esistenza e smanioso di rinascere ogni giorno (e fin qui è uguale a tutti gli altri). Il suo «uomo nuovo non pensa che lo tsunami sia il volere di Dio né che Berlusconi sia una punizione divina, ma una realtà politica che esiste». E anche fin qui niente di così «nuovo». E a chi gli chiede se sia d'accordo nell'identificare il rivoltoso popolo libico con gli interessi di Sarkozy, Vasco risponde: «Certo, è tutta questione di petrolio, sappiamo che tutto è mosso da avidità». Poi torna nel suo piccolo per dire che l'«uomo nuovo» che è in lui è un essere che chiede scusa a Dio «per aver perso la fede», ammettendo che «è stato difficile abituarsi ad una vita sola e senza dite». Vasco lo canta con una punta d'ironia, ma il concetto è serio. L'ironia che vena la canzone, però, sparisce quando l'artista la spiega: «Ho rispetto per chi crede, ma dal mio punto di vista la fede è una grande illusione».
Tesi non nuova. Che prosegue così: «La scienza, nuova religione, ci dice che la vita è un caso e non un dono. Non l'ha creata nessuno. L'uomo è il miracolo della natura, non il frutto di un disegno superiore, quindi deve darsi un codice e dei valori perché è il solo responsabile delle sue azioni (mai sentito parlare di libero arbitrio?, ndr)». Poi il «botto» finale sul fine vita: «Abbiamo il diritto di essere uomini liberi, anche nel momento finale della nostra esistenza; quando si tratta di spegnere l'interruttore. Voglio sentirmi libero di decidere quando mettere fine ad un'esperienza che vale sempre la pena di essere comunque vissuta». Pazienza se già nell'album - nei negozi da martedì - questa tesi finisce per cozzare con lo stupore di un singolo come Eh... già. «Con tutto quel che m'è accaduto negli ultimi trent'anni, sono ancora qua. Incredibile no? Da ragazzo ho bruciato la mia vita tanto velocemente perché pensavo che il mio destino fosse una fine prematura, che non mi avrebbe mai fatto arrivare ai 56 anni di mio padre. E ora che ne ho 59 comincio a pensare che qualcuno si sia scordato di me». Già, guardando la copertina dell'album Vasco sembra davvero in fuga da una vita. La foto lo ritrae in auto, mentre si guarda alle spalle con preoccupazione. Un passato come il suo, infatti, farebbe sudare freddo chiunque. E non tanto per i giorni in pretura, le notti straviziate e stravissute, i Festivalbar e gli onori di una classifica generosa come con nessun altro, quanto per l'obbligo di stupire che da trent'anni lo lega contrattualmente a legioni di fan disposte a perdonargli tutto tranne che l'abbandono di certe strade. Così, proseguendo questa breve storia per immagini nel libretto accluso al cd, il maudit di Zocca s'inventa un finale alla Sydney Pollack, dando fuoco all'auto su cui viaggia per far perdere le proprie tracce tra i cespugli del deserto californiano. La metafora esplicitata dal titolo è chiara: o sorprendi la vita o ne sei sopraffatto. «L'artista - spiega lui - racconta la realtà che gli gira attorno, non la determina». E l'11 giugno Vasco sarà all'Heineken Jammin' Festival, nell'attesa che arrivino il poker di San Siro (16,17, 21 e 22 giugno), il blitz oltre lo Stretto al «San Filippo» di Messina (il 26) e il doppio appuntamento romano dell'Olimpico di Roma (1 e 2 luglio).
«Intendo lo show come una grande ondata di festa. Di comunione e liberazione. Con la minuscola, naturalmente». In autunno, poi, sul piccolo schermo sarà lui la prima Mtv Icon italiana della storia. Si tratta di una celebrazione con star internazionali che eseguiranno i suoi brani più famosi.
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