
23/12/10
È vita (Avvenire)
«Sulla malattia, il dolore, e la morte, tutti dovrebbero cercare quello che unisce, non quello che divide». Mina Welby e Carlo Troilo, Associazione Coscioni, «l’Unità», 20 dicembre.
Frase sfatta? Ma no, ragionevolissima e buonissima. Una mano tesa con sincerità. Malattia, dolore, morte... Perché non cercare effettivamente ciò che unisce, innanzitutto? E perché non credere a questa manifestazione di ottimi intenti fornita dall’Associazione Coscioni? Ecco, il rischio è quello di crederci. Questa frase grondante mitezza appare sull’Unità tre giorni dopo che la stessa Associazione Coscioni, in uno spazio autogestito su RaiTre, ha mandato in onda uno spot a favore dell’eutanasia che perfino la liberal televisione australiana ha evitato di mostrare. Uno spot per scioccare e dividere? Un’azione di propaganda ideologica a favore dell’eutanasia? Una provocazione violenta astutamente celata dietro le immagini e il testo pacati dello spot? Ma no! Era un’autentica ricerca di quello che unisce, non di quello che divide. Peccato che perfino Ignazio Marino abbia letto il blitz radicale in tutt’altra chiave: «Ora rischia di far saltare il tavolo del testamento biologico, estremizzando le posizioni» (Corriere della sera, 18 dicembre). Associazione Coscioni, i soliti incompresi.
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