
C’è un punto su cui tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi non ci sarà polemica in vista delle prossime primarie: i diritti delle coppie omosessuali. Il sindaco di Firenze, infatti, ha ribadito ieri a Repubblica ciò che dice da tempo, ossia la sua contrarietà al matrimonio gay e la preferenza per la civil partnership. Un modello che si richiama a quello in vigore in Germania e in Inghilterra e che, soprattutto, è coerente con quanto già deliberato dal Pd nell’assemblea nazionale di luglio, nella quale proprio questo tema provocò una dura polemica tra Rosy Bindi e i dem fautori delle nozze tra persone dello stesso sesso.
Oggi la presidente del Pd rimane cauta, vuole capire bene dove Renzi voglia andare a parare e per questo non si sbilancia. E anche Paola Concia non va oltre un generico apprezzamento: «Il modello è uno di quelli più avanzati – commenta con Europa – il problema è capire come si riempie. In Germania, ad esempio, oggi sono ormai possibili anche le adozioni dei single, con l’autorizzazione dei partner, cosa che Renzi invece nega». E anche la limitazione dell’istituto della civil partnership solo agli omosessuali, e non agli etero, come specifica il sindaco di Firenze, per Concia è una «furbizia». Per la deputata dem, infatti, «un nuovo istituto diverso per gli eterosessuali rischierebbe di mettere ancora più in crisi il matrimonio. A questo non si risponde riservando la civil partnership ai gay, ma estendendo loro anche il matrimonio». Quindi avverte, anche se col sorriso sulle labbra: «Se il Pd continua con questo teatrino, finirà che alle primarie voterò per Nichi Vendola».
Già, Vendola. Il governatore pugliese sembra essere rimasto l’unico candidato in campo esplicitamente favorevole alle nozze tra omosessuali. E su questo tasto batterà ancora nella sua campagna per le primarie. Le sue priorità, infatti, sono diritti sociali e diritti civili, due tasselli per lui fondamentali nella composizione di quel puzzle dell’“Italia migliore”, che presenterà agli elettori. «Diciamo tutti che vogliamo portare il paese in linea con gli standard europei – è il suo ragionamento – ma allora non possiamo farlo solo guardando alla finanza, ma anche e soprattutto ai diritti delle persone, senza discriminazioni».
La scelta di Renzi di dire no al matrimonio gay non è dovuta al semplice tentativo di guadagnare consensi nell’elettorato cattolico. D’altra parte, nel suo comune ha già istituito il registro delle unioni civili, il massimo in questo campo che la legge gli consente in questo momento. E si è espresso pubblicamente a favore della legge anti-omofobia, a partire proprio dalla proposta della Concia. Tempo fa al sito gay.it spiegò: «Quando vado in chiesa a confessarmi, il mio riferimento è il catechismo. Ma se devo amministrare, guardo alla Costituzione e alle leggi dello stato». Il sindaco-boy scout non intende forzare nemmeno nella sua campagna per le primarie sui temi più cari a un mondo a lui vicino, come quello cattolico. Anzi, tra i suoi sostenitori vanta anche il consigliere comunale bolognese (gay dichiarato) Benedetto Zacchiroli. Perché Renzi è convinto che gli elettori credenti non scelgano nelle urne in maniera molto diversa da tutti gli altri e si concentrino, quindi, sulle proposte sulle quali c’è una sensibilità diffusa, a partire da quelle in materia economica. Per di più, l’elettorato più giovane, sul quale Renzi ha una presa maggiore, sui diritti civili ha in genere posizioni avanzate e già in passato non ha mancato di “rimproverarlo” per alcune sue affermazioni. Cautela, quindi: perché va bene allargare i confini dell’elettorato del centrosinistra, ma alcuni punti di riferimento ideologici, come la laicità, non si possono mettere in discussione.
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