
Seppure distanziate di un giorno dedicate a due diversi argomenti, le due allarmate uscite di Napolitano ieri e di Monti domenica sono invece strettamente connesse visto che nessuno come loro due ha chiari i pericoli che l’Italia continua a correre, e i timori che l’estate 2012, come e forse più di quella del 2011, si riveli purtroppo il terreno di caccia ideale delle speculazioni sui mercati internazionali, che prendono di mira in Europa soprattutto i Paesi in bilico.
Comuni ai due Presidenti non sono solo le preoccupazioni, ma anche il rifiuto della strafottenza che i partiti - non tutti, o almeno non tutti alla stessa maniera - continuano a manifestare rispetto alla crisi più difficile mai affrontata finora: come se appunto si trattasse solo di far passare la nottata, preparandosi intanto alla campagna elettorale, già cominciata ben prima che si arrivi alla conclusione naturale della legislatura e alla convocazione dei comizi.
Era chiaramente a questo che Napolitano ha inteso riferirsi ieri, quando con il gesto, volutamente drammatico, dell’invio di una lettera ai Presidenti delle Camere, per sollecitare la rapida fissazione di un dibattito parlamentare sulla legge elettorale, ha implicitamente inteso denunciare l’inutile tira e molla in cui la discussione politica su una materia così delicata si trascina da mesi e mesi. E dire che i tre segretari della maggioranza che sorregge il governo, Alfano, Bersani e Casini, si erano impegnati a risolvere tutto nel giro di venti giorni. Bene: dal giorno in cui quell’impegno fu assunto pubblicamente, sono passate ben cinque settimane!
Ora, mentre le varie ipotesi di riforma della legge elettorale - il famigerato Porcellum, a parole ripudiato da tutti - , dentro e fuori il Parlamento, vengono misurate dai leader dei partiti di maggioranza e di opposizione con il solo metro della singola convenienza - ragione per cui ognuno ha il suo modello preferito, il suo mix di proporzionale e maggioritario, il suo cocktail di spagnolo e tedesco, di preferenza unica o multipla -, in Europa questa straordinaria incertezza, vissuta con un’ostentata incoscienza, si traduce in una semplice domanda di tutti gli osservatori qualificati: ma se non sanno neppure con che legge andranno a votare, questi italiani, come possono sperare di uscire dalle elezioni con un equilibrio stabile, che gli consenta di continuare ad affrontare seriamente il prosieguo della crisi?
Ed era proprio a quest’interrogativo - che dev’essere risuonato varie volte nelle sue orecchie durante gli incontri internazionali a cui sta partecipando con sempre maggiore frequenza nelle ultime settimane, man mano che la crisi, invece di allentare, si fa più pressante -, che Monti domenica voleva accennare, quando in risposta alle domande dei giornalisti, dopo aver stigmatizzato l’ennesima uscita superficiale del presidente dei Confindustria, ha spiegato che, tra gli altri problemi che deve affrontare, per riportare l’Italia a una soglia di credibilità sufficiente in Europa, c’è anche quello dell’incertezza sugli assetti che potrebbero uscire dalle urne e sull’effettiva volontà, dell’eventuale schieramento vincitore e del governo che ne seguirà, di insistere nella dura strategia di risanamento dei conti pubblici.
La mediocre interpretazione che ne è seguita (”Monti si prepara a succedere a se stesso”) dà purtroppo conto del livello a cui è giunto il confronto politico negli ultimi tempi. Anche perchè, stranamente, in un Paese che è ormai abituato a discutere di tutto superficialmente, l’idea che Monti si preparasse a scendere in campo - e poi come? a margine di un vertice dell’Eurogruppo? - è stata accompagnata da un pesante silenzio ufficiale e da un chiacchiericcio incessante nei corridoi. Come una specie di incubo destinato a guastare la vigilia della fine della stagione dei tecnici e del ritorno alla politica fatta dai politici.
Eppure le intenzioni dei due Presidenti sono chiare. Napolitano ha appena detto che intende concludere il suo mandato nella primavera del 2013, e che nessuna iniziativa eccezionale - compresa l’ipotesi di un’Assemblea Costituente, alla quale non è contrario - potrebbe convincerlo a fare diversamente. E lo stesso ha fatto Monti, in varie occasioni pubbliche e anche in Parlamento, consapevole che la fine della legislatura coinciderà con quella del suo governo.
La coincidenza di queste due scadenze dovrebbe preoccupare i leader dei partiti, spronandoli a uscire dalla loro inconcludenza. E risolvere onorevolmente la questione della legge elettorale darebbe indubbiamente un bel segnale in questo senso.
© 2012 La Stampa. Tutti i diritti riservati