
La riforma di venerdì segna un passo avanti, ma lascia aperti molti buchi. Il vincolo del pareggio di bilancio apre il problema di chi potrà attivare fino in fondo le politiche anticicliche per la crescita durante le recessioni, la definizione di poteri di "controllo dei pari" sui conti pubblici impone di conseguenza anche una responsabilità comune che finora è stata affrontata con il rafforzamento di "veicoli di salvataggio" come l'Efsf o istituzioni terze come l'Fmi.
Il sistema è dunque incompleto. Il buco più grande si creerebbe però con gli Eurobond, un progetto che l'Italia non ha abbandonato. Un debito pubblico comune, che potrà essere ripagato solo con le tasse, non può che significare - in un sistema equilibrato - una politica fiscale comune, e non semplicemente coordinata. A quel punto non basterebbero più forse gli organismi comunitari esistenti e occorrerebbe qualcos'altro. La democrazia, tra le altre cose, si fonda anche su un principio di politica economica:niente tassazione senza rappresentazione. E il Parlamento europeo, oggi, non ha reali poteri. E davvero un passo che vogliamo fare?
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