
Mentre Pannella chiede da radio radicale al presidente della Repubblica un messaggio alle Camere sullo stato della giustizia e delle carceri, il dibattito sulla proposta di amnistia avanzata dai radicali è praticamente fermo.
L'informazione televisiva, per quanto formalmente richiamata al dovere di cronaca e approfondimento dall'autorità per la comunicazione, ha continuato a disinteressarsene. E così la scorsa settimana è stato Travaglio a occuparsi, a suo modo, della questione. Prima ha scritto un pezzo da cui traspariva la sua la preferenza a far restare accatastati in galera qualche migliaio di poveri cristi rispetto al rischio di non farci entrare qualche decina di "colletti bianchi". Poi ha parzialmente rettificato dialogando con il responsabile dell'associazione "Antigone" e addebitando il sovraffollamento carcerario alla legge Bossi-Fini sull'immigrazione, alla Giovanardi-Fini (ancora lui) sulla droga e alla Cirielli sulla recidiva. Giusto. Infine Travaglio chiede, per discutere di amnistia, l'esclusione dei reati di mafia e quelli dei "colletti bianchi". Per i primi già "l'indultino" di Prodi li escludeva, per il resto una maggioranza parlamentare non sarebbe impossibile. Ma la questione sta nella lettura della amnistia come prima misura per ripristinare lo stato di diritto ed evitare il record di condanne all'Italia presso la Corte Europea. Dimensione che sfugge a Travaglio come all'ex ministro e magistrato Nitto Palma. Due facce della stessa medaglia.
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