
Ma la costituzione italiana, c`è o ci fa? La costituzione materiale e quella naturale sono ormai su due piani sin troppo distinti. Incomparabili. E chi, in politica, rilancia l`iniziativa di cambiarla lo fa per sensibilità verso il Paese reale, o perché spinto da chissà quale interesse privato? Ci poniamo la domanda senza pregiudiziali, con il testo della costituzione italiana, aggiornata, davanti agli occhi. Lo sapete che in Italia il servizio militare è obbligatorio? No? Allora non conoscete bene il dettato costituzionale. Chi ha inteso riformare la coscrizione obbligatoria non è riuscito nell`intento, pare, perché ad oggi l`articolo 52 riguardante la leva militare non è stato cambiato. Colpa della polvere, troppa, che alberga sui librone. E della fatica improba cui va incontro chi - facendo politica, e non custodia museale - sente il compito dì attualizzarla. E` solo un esempio, quello della leva obbligatoria, per svelare quel. manto sacrale che chissà perché le conservatorie dei vecchi partiti tengono a mantenere. La costituzione come testo indiscutibile, come totem e certezza assoluta, inamovibile. I costituenti la misero insieme in tempo record, come è noto, sotto le spinte delle due segreterie, quella De e quella del Pci, che l`hanno partorita come primo seme repubblicano di un italico compromesso che più che storico è antistorico. "Cattocomunista", la costituzione italiana lo è da sempre. Lo si legge in ogni suo articolo. A partire dal primo. "L`Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro". Ma che vuoi dire, fondata sul lavoro? Il lavoro come diritto/dovere era nella costituzione sovietica, per chi non lo ricorda. Che al suo primo articolo si definiva "Una repubblica dei lavoratori". Ad oggi è ridicolo, va da sé. L`Italia è una repubblica, e va bene. Democratica. E federale, si potrebbe aggiungere dopo la riforma dei titolo V e la recente approvazione del federalismo. Qualcuno, ad esempio i Radicali Italiani, che hanno anche proposto una consultazione on line sul tema, fa pervenire un suggerimento che suona così: "L`Italia è una repubblica democratica fondata sulla libertà dell`individuo e sulla certezza dello stato di diritto". Niente male, ma è solo un suggerimento. Anzi, una suggestione. Perché l`art.1 in essere va avanti anche peggio di come inizia: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione". Pleonastico e veteroretorico da urto. Se la democrazia è tale, la sovranità è dei popolo, non va ripetuto due volte per ogni riga. E invece la costituzione ama le ripetizioni. Vive di un effetto eco vero e proprio. La parola "sociale" ritorna circa centosettanta volte nel testo. Un po` troppo, no? Ma si sa, erano gli anni Quaranta dei secolo scorso e i termini in voga erano quelli. Inevitabile. Però un po` di brio in più lo potevano mettere, i nostri costituenti. Articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni (..) di condizioni politiche e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l`uguaglianza dei cittadini impediscono (..) l`effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all`organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Ora, se un giovane aspirante cronista estendesse in questa prosa un suo pezzo d`esame, non supererebbe mai la prova d`ammissione. A parte la forma, è il contenuto a destare inquietudine. La cittadinanza è un concetto qui sovrapposto a quello dell`identità indistinta dei "lavoratori". Cittadino e lavoratore sono la stessa cosa. Proprio come nel dettato sovietico. Viene da chiedersi, fuor di retorica: e i pensionati? E i minorenni? Chi è in stato di disoccupazione o non lavora perché lo ha scelto o perché non è in condizioni fisiche per farlo? Stando alla lettera, non si applicherebbe a loro il diritto di partecipare all`organizzazione politica del Paese. E articolo dopo articolo, le perplessità che nascono ad una lettura più attenta si moltiplicano. I cultori del diritto liberali si sono a lungo spesi per contestare la natura ambigua del dettato costituzionale in tema economico: l`art.42 si premura di precisare che "la proprietà è pubblica o privata", poi sottolinea la parola Stato: "I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati". (Ma gli enti, questo limbo tra pubblico e privato, non appartengono al primo o al secondo, necessariamente?) e poi lontano dall`aver detto nulla di chiaro, tipo: la proprietà privata è sacra e inviolabile, ci sarebbe piaciuto - affonda: "La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d`interesse generale". Ecco. E poi la solita "funzione sociale" che deve, inesorabilmente, avere la proprietà privata. Così come l`impresa, che proprio la costituzione stabilisce dover essere rivolta ad una "funzione sociale". Non a fini di lucro, quindi. No: deve avere una funzione sociale. Essere una ong, insomma. Desta qualche inquietudine anche l`articolo 43: "A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indenizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese". Esproprio di una intera categoria di imprese per darle a "comunità di lavoratori"? Abbiamo Ietto bene? Sì, c`è scritto così. Anche se non sappiamo quali siano, nei fatti, le "comunità di lavoratori" organizzate per ricevere tali categorie di imprese in dote. Rimaniamo sullo stesso versante. Articolo 44: "Al fine di stabilire (..) equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alle sue estensioni (..) promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive, aiuta la piccola e media proprietà". Erano le premesse per la grande riforma agraria che la Dc volle nel 1950, anche per disinnescare la bomba comunista. Lo sappiamo tutti, l`abbiamo capito. Ma tra un libro di storia e una carta costituzionale deve esserci differenza. Una costituzione vive il presente, regola (quel minimo) l`oggi per il domani. Qui l`attuale legge fondamentale dello Stato ci dice che va combattuto il latifondismo, che le paludi malariche devono essere bonificate e che devono essere incentivate le piccole unità produttive agricole. I più sorridono, a questo punto. Nel 2010 neanche una parola di quest`articolo ha più senso. Anacronismi dovuti alla buona fede di chi operava per il suo tempo, come i deputati costituenti hanno fatto con esattezza, a differenza di oggi in cui la politica, in buona parte, deroga al suo compito e vivacchia tra qualche prebenda e privilegio personale. Precostituiti politici privilegiati. La costituzione ha bisogno di. altro: di un sano e robusto ricostituente.
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