
08/09/10
Italia Oggi
Puntare sull'incontro col presidente della repubblica serve, a dir molto, a rinviare le decisioni di qualche giorno. Che cosa sperano veramente, nel Pdl e poi nella Lega, dalla salita sul Colle? Il capo dello Stato non potrà far altro che dichiararsi incompetente, allo stesso modo che se fosse contestato il presidente del Senato o si volessero le dimissioni del presidente della Corte costituzionale. Non solo: sul piano personale Napolitano sarà tanto sconcertato quanto irritato, perché chiamato a pronunciarsi fuori del suo ruolo costituzionale. Fini non si dimetterà. L'ha dichiarato, l'ha fatto capire, ha resistito a un'offensiva giornalistica senza precedenti. Se lasciasse la poltrona di Montecitorio, si rivelerebbe come un ignorante dell'abbiccì della politica; il che non è. Circolano strane e molteplici voci sul comportamento successivo al superfluo intervento sul Quirinale.
Si parla di nuove ondate polemiche, al fine di sputtanare personalmente Fini. Taluno suggerisce di manomettere il regolare funzionamento della Camera. Spunta altresì l'ipotesi dell'Aventino, un precedente per la verità poco produttivo per chi lo pratica. E ancora emerge dalle nebbie del lontano ribaltone di Bossi (autunno '94) la proposta allora invano lanciata da Pannella a Berlusconi: far dimettere in massa i parlamentari del centro-destra.
Di sicuro, non v'è nulla. Si vorrebbe arrivare alle urne, ma non si sa bene come, e per di più si teme di pagare dazio, di pagarne troppo (il Pdl: la Lega non ha timori). Si vorrebbero i voti finiani, ma senza patto di legislatura, senza trattative, senza incontri. Si vorrebbe lo scudo giudiziario, ma non è chiaro quale, come, quando. Sarà davvero aspra e nuova la situazione, però una babele simile non si vedeva neppure quando, nella prima repubblica, i governi erano silurati dopo una riunione di direzione di un partito qualsiasi.
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