
Caro Direttore, l'analisi di Angelo Panebianco sul Corriere di mercoledì è difficilmente confutabile, tuttavia può essere corretta dalla volontà di alcuni attori politici che finora non hanno rivelato il proprio orientamento. Non c'è dubbio che il «dopo Berlusconi» rischia di mettere la parola fine a un bipolarismo che si fonda più sulla personalità del presidente del Consiglio che sull'esistenza di regole costituzionali valide anche per il futuro. Naturalmente in questa legislatura si possono ancora fate quelle riforme capaci di incardinare un sistema dell'alternanza moderno e civile. Dipenderà dalla lungimiranza delle grandi forze politiche e dalla loro reale scelta a favore di un sistema politico simile a quello delle altre democrazie europee. C'è da augurarsi che Bersani non spinga il Pd a rinunciare alla vocazione maggioritaria e ad acconciarsi a una tradizionale politica delle alleanze, grazie al ricorso alla modifica della legge elettorale, che significherebbe l'abbandono del bipolarismo. Più in generale, tutti coloro che pensano e agiscono come se il «dopo Beriusconi» fosse domani provocano solo sconquassi non tutelando neppure le loro legittime ambizioni politiche. Anch'io da tempo sono consapevole che solo la leadership di Berlusconi impedisce all'Italia una spaccatura fra un Nord egemonizzato dalla Lega, un Centro ancora governato dalla Sinistra e un Sud in cui la tentazione di fondare un partito clientelare sarebbe molto forte. In questa non brillante cornice, riprenderebbe corpo il progetto di ricostituire un grande contenitore di centro, deprivato di ogni volontà riformatrice. Cosa si può fare? In primo luogo, rafforzare la leadership di Berlusconi, con una prova di lealtà e di compattezza del Pdl che permetta di fare le riforme necessarie (forma di governo, federalismo, giustizia). Credo che la bozza elaborata da Luciano Violante possa costituire un utile terreno di confronto. Se poi il Pd prendesse coscienza che l'elezione diretta del premier favorisce il superamento dell'attuale frammentazione e l'individuazione di un leader anche nella sinistra, si avvicinerebbe la possibilità di un accordo. In secondo luogo, lo scenario descritto da Panebianco si può scongiurare se tutti contribuiscono a rafforzare il Pdl, a partire da Gianfranco Fini che non può avere contribuito alla nascita di un nuovo soggetto politico, per poi procedere al suo sistematico indebolimento. E necessario, inoltre, che una nuova classe dirigente prenda coscienza delle proprie responsabilità. Penso, in particolare, ai ministri più autorevoli di questo governo e ai dirigenti dei gruppi parlamentari e del Pdl che sono l'espressione migliore di un nuovo partito dei moderati che possa continuare l'opera riformatrice senza il peso di antiche appartenenze e ideologie. Infine, l'alleanza fra il Pdl e la Lega, oggi garantita da Berlusconi, deve essere rafforzata fino a prevedere un rapporto federativo. Se questi sforzi avranno successo, sia da parte del Pdl che del Pd, non vi sarà spazio per una forza politica centrista, se non di dimensioni residuali e comunque tale da doversi alleate con uno dei due schieramenti principali. Per questo sono certo che Casini non potrà non considerare l'ipotesi di un'alleanza con un Pdl reso forte dalle scelte compiute.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati