
Per un Bersani che, alla vigilia dell’avvio delle consultazioni, aveva candidamente ammesso di non avere un piano B, «ma neanche un piano A», il Quirinale di piani di riserva ne sta vagliando più di uno per la formazione del nuovo governo. A partire dal piano Bonino. Perché se oggi Pier Luigi Bersani dovesse salire al Colle senza poter vantare sulla carta una maggioranza certa per il voto di fiducia al senato, ipotesi a ieri sera altamente probabile, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, potrebbe decidere che sì, è meglio cambiare candidato. Un incarico al buio a Bersani esporrebbe il Paese ad altri rischi di instabilità, politica e finanziaria, è il ragionamento, ecco perché è preferibile tentare un nome nuovo su cui tentare di far convergere i consensi di Pdl, Pd e forse, dopo le aperture di ieri di Rocco Crimi di M5S, anche dei grillini.
L’identikit parla di una personalità forte, rispettata dalle cancellerie europee e stimata dai mercati finanziari, a cui assegnare l’incarico per un governo del presidente. Un esecutivo simil-tecnico che faccia la riforme, tenga in ordine i conti, tratti con l’Unione europea. Insomma un Monti bis che abbia il gradimento di Pd e Pdl e che però non sia tacciato come un esecutivo di grande coalizione. Il primo dei papabili sarebbe proprio Mario Monti, il premier uscente, ma non il Monti di oggi, quello di novembre 2011, quando la sua credibilità non era stata offuscata dagli errori dell’azione di governo e soprattutto dalla discesa in politica e dall’inevitabile tenzone con il Cavaliere per la conquista dell’area dei moderati. In pole i rumors di palazzo indicano la radicale Emma Bonino, che può vantare un passato ampiamente «europeo»: è stata ministro per il Commercio Internazionale e per le Politiche Europee nel governo Prodi II, Commissario europeo dal 1995 al 1999, eurodeputata a Strasburgo. Un nome che potrebbe piacere anche ai grillini. Sarebbe un ritorno a Palazzo Chigi per Giuliano Amato, il dottor sottile che ha guidato il governo e il Tesoro già in altri anni difficili e che al Pdl non dispiacerebbe neanche per il Quirinale: rispettato dai partner europei, Amato vanta ampia conoscenza dei dati economici. Un elemento, questo, che diventa sempre più importante nei ragionamenti del Colle e che lancia nella gara anche Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia, che lo stesso Bersani gradirebbe in un governo targato Pd per il dicastero del Tesoro.
Intanto, le ore per una trattativa Pd-Pdl si sono ormai ridotte al lumicino e Napolitano vuole evitare a tutti i costi che la situazione degeneri in una paralisi istituzionale. Una paralisi nella quale la crisi economica e finanziaria si avviterebbe su se stessa, finendo per ingenerare sui mercati effetti negativi, ben più negativi di quelli dell’economia reale. Insomma una situazione peggiore di quella che ha portato a novembre 2011 alla nascita del governo Monti. Ma perché un nuovo governo del presidente o di scopo possa nascere, fanno notare in parlamento, il vero problema non sono i nomi dei candidati ma il progetto. Ovvero se non si arriva a un accordo politico di base tra i due principali contendenti, Bersani-Berlusconi, in primis sul nuovo presidente della repubblica, non si va avanti di molto. Il voto anticipato resterebbe a quel punto l’unico approdo.
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