
07/01/11
il Venerdì (la Repubblica)
La sfiducia degli italiani nella politica cresce in maniera esponenziale.
Su questo i sondaggi sono concordi. Addirittura un terzo dei nostri connazionali non si sentirebbe rappresentato né dalla destra né dalla sinistra. Un po’ perché la casta appare sempre più lontana dai cittadini e dai loro problemi. Un po’ perché dilaga l’idea che i partiti non siano più in grado di fornire risposte adeguate alle grandi questioni del presente. Il lavoro, gli stranieri, la sicurezza, la riduzione delle garanzie.
Di fronte a un dato del genere viene da chiedersi se la colpa sia solo della politica. La risposta è sì, ma solo a metà. L’altra metà dipende invece dalle grandi emergenze della globalizzazione. Che in buona parte derivano proprio dal prevalere delle economie sulle politiche. Solo le prime sono veramente globali, libere di fare il bello e il cattivo tempo. Le seconde invece sono prigioniere dei recinti nazionali. E a volte aspirano a rinchiudersi in confini ancor più ristretti, come quelli regionali. In una sorta di stato d’assedio che dà un’illusione di sicurezza e di autonomia. Ma è il classico rimedio peggiore del male. È un metadone sociale che ci mette gli uni contro gli altri. E alla fine ci fa sentire soli e indifesi.
L’unico vero rimedio è trovare le idee e le parole per scrivere un nuovo patto sociale. Che ci faccia tornare ad essere fratelli d’Italia.
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