
16/04/10
Corriere della Sera
Chi entra nel ministero della Giustizia, come Giuseppe Jogna, presidente dell’ordine dei periti industriali, esulta: «E vero, siamo tanti nel pollaio e il mangime scarseggia; eppure questa che ci offre il ministro Alfano è un’occasione irripetibile». Invece chi rimane fuori, come Roberto Falcone, presidente dell’associazione nazionale tributaristi, grida al colpo di mano: «È necessario che il ministro si ravveda perché intende avviare la riforma escludendo una parte consistente del mondo professionale...».
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, si affaccia nel suo studio dopo aver ascoltato 20 presidenti di altrettanti ordini professionali invitati al grande tavolo che dovrebbe predisporre una legge quadro di riforma di un mondo comprensivo di 2 milioni di lavoratori autonomi molto qualificati. Capaci di produrre il 12,5% del Pil. Alfano è certo che il governo non deluderà i professionisti che hanno nel curriculum l’esame di Stato: «La riforma degli ordini professionali si è fermata più volte in Parlamento ma ora ci siamo noi e sono fiducioso che la porteremo a termine anche perché è un incentivo per la ripresa economica».
La ricetta illustrata dal ministro ai rappresentanti degli ordini è questa: «Dobbiamo riuscire a fare una riforma che metta al centro il cittadino, garantendo l’alta qualità delle professioni e stabilendo regole chiare e trasparenti. Allo stesso tempo però occorre assicurare ai professionisti la dignità e il prestigio che deriva loro dall’aver superato un esame di Stato». E questo significa viale «lenzuolate» e le liberalizzazioni di Bersani che hanno vietato le tariffe minime, aprendo alla concorrenza ma, secondo gli ordini, anche a una deregulation selvaggia.
Tuttavia, Pierluigi Bersani non ci sta a fare da bersaglio: «Temo un schiaffo alle nuove generazioni, la riforma sarà una vergogna inaccettabile, un segnale regressivo per il Paese perché il messaggio che
manda è: "si salvi chi può". Spero che non sia così altrimenti si aspettino tutta la nostra opposizione». E anche i radicali, attaccano e parlano di «riforma corporativa che esclude tre milioni di professionisti non inquadrati negli ordini». Pure per l’opposizione, tuttavia, sarà difficile trovare un punto di equilibrio, spiega Claudio Siciliotti, presidente dell’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili: «Con questo governo infatti finalmente cade un presupposto sbagliato secondo il quale, a fasi alterne, i professionisti sono una categoria da penalizzare o da blandire». Ora, però, gli occhi sono puntati sul Senato dove ieri è partita la discussione in aula sulla riforma dell’ordinamento forense che, su richiesta dell’opposizione, ha subito un slittamento in attesa che martedì 20 il ministro faccia conoscere a Palazzo Madama qual è l’orientamento del governo. Il nodo conferma Guido Alpa, presidente del Cnf, è anche quello delle tariffe minime cancellate: «Il risultato è stato che i clienti con maggiore forza contrattuale (banche e assicurazioni, ndr) hanno imposto dei compensi molto esigui».
E il ministro, sul terreno della «salvaguardia della dignità dei professionisti, promette la creazione di un gruppo di lavoro per definire lo «Statuto delle professioni».
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, si affaccia nel suo studio dopo aver ascoltato 20 presidenti di altrettanti ordini professionali invitati al grande tavolo che dovrebbe predisporre una legge quadro di riforma di un mondo comprensivo di 2 milioni di lavoratori autonomi molto qualificati. Capaci di produrre il 12,5% del Pil. Alfano è certo che il governo non deluderà i professionisti che hanno nel curriculum l’esame di Stato: «La riforma degli ordini professionali si è fermata più volte in Parlamento ma ora ci siamo noi e sono fiducioso che la porteremo a termine anche perché è un incentivo per la ripresa economica».
La ricetta illustrata dal ministro ai rappresentanti degli ordini è questa: «Dobbiamo riuscire a fare una riforma che metta al centro il cittadino, garantendo l’alta qualità delle professioni e stabilendo regole chiare e trasparenti. Allo stesso tempo però occorre assicurare ai professionisti la dignità e il prestigio che deriva loro dall’aver superato un esame di Stato». E questo significa viale «lenzuolate» e le liberalizzazioni di Bersani che hanno vietato le tariffe minime, aprendo alla concorrenza ma, secondo gli ordini, anche a una deregulation selvaggia.
Tuttavia, Pierluigi Bersani non ci sta a fare da bersaglio: «Temo un schiaffo alle nuove generazioni, la riforma sarà una vergogna inaccettabile, un segnale regressivo per il Paese perché il messaggio che
manda è: "si salvi chi può". Spero che non sia così altrimenti si aspettino tutta la nostra opposizione». E anche i radicali, attaccano e parlano di «riforma corporativa che esclude tre milioni di professionisti non inquadrati negli ordini». Pure per l’opposizione, tuttavia, sarà difficile trovare un punto di equilibrio, spiega Claudio Siciliotti, presidente dell’Ordine dei commercialisti ed esperti contabili: «Con questo governo infatti finalmente cade un presupposto sbagliato secondo il quale, a fasi alterne, i professionisti sono una categoria da penalizzare o da blandire». Ora, però, gli occhi sono puntati sul Senato dove ieri è partita la discussione in aula sulla riforma dell’ordinamento forense che, su richiesta dell’opposizione, ha subito un slittamento in attesa che martedì 20 il ministro faccia conoscere a Palazzo Madama qual è l’orientamento del governo. Il nodo conferma Guido Alpa, presidente del Cnf, è anche quello delle tariffe minime cancellate: «Il risultato è stato che i clienti con maggiore forza contrattuale (banche e assicurazioni, ndr) hanno imposto dei compensi molto esigui».
E il ministro, sul terreno della «salvaguardia della dignità dei professionisti, promette la creazione di un gruppo di lavoro per definire lo «Statuto delle professioni».
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