
La domanda, fino ad oggi utilizzata contro Anna Maria Cancellieri, è stata: «E gli altri detenuti?». Sarebbe fondamentale per la salvezza di questa malconcia repubblica, che tale domanda non smettesse di essere posta. Ma che riecheggiasse ogni giorno, come una ossessione, da oggi in poi: «E gli altri detenuti?».
Anna Maria Cancellieri è stata la prima ministra della giustizia a sostenere la necessità di un provvedimento di amnistia per legalizzare la giustizia e le carceri italiane. La ministra ha dunque dimostrato di non essere disposta a girare la testa dall’altra parte di fronte a un fatto completamente rimosso dal potere italico: la condizione strutturale di tortura e trattamenti disumani e degradanti nelle carceri italiane e l’irragionevole durata dei processi, ripetutamente accertate dalla Corte europea dei diritti umani. Proprio l’azione della Corte, e le scadenze poste al nostro paese per interrompere la condizione criminale delle carceri, sono al centro del messaggio alle camere del presidente della repubblica sul tema.
Anna Maria Cancellieri ha abusato del proprio potere a favore di un detenuto? I fatti dicono di no. La disinvoltura della ministra nel trattare un caso a lei personalmente legato e la poco rassicurante vicinanza con taluni ambienti di potere non rappresentano un abuso di potere. Vedremo se emergerà dell’altro. Ma, per chiedere le dimissioni di un ministro, non serve (o non basta) un reato, e nemmeno un avviso di garanzia, a meno di voler attribuire a ciascun pubblico ministero il potere di disfare i governi. Basta la politica.
Cancellieri avrebbe dovuto dimettersi o essere sfiduciata se si fosse attivata - anche legittimamente - per un detenuto e si fosse al contempo disinteressata come continuano a fare i vertici di Pd, Pdl, Sel, 5 stelle, Sc, Lega- dell’urgenza di impedire allo stato italiano di continuare a torturare decine di migliaia di persone nelle nostre carceri. Ma Cancellieri non è caduta in questa contraddizione. Sono, invece, i vertici di quei partiti, insieme ai baldanzosi aspiranti leader, ad essersi appassionati sul "caso Cancellieri", rimanendo essi stessi co-responsabili (quantomeno per omissione) di crimini della massima gravità quotidianamente ripetuti in ordini di grandezza degni di uno stato totalitario.
La cosa più importante è che quella domanda, agitata a favor di telecamera, non smetta d’ora in poi di essere posta dentro e fuori dall’aula: «E gli altri detenuti?». Cari pentastellati assetati di giustizia?! «E gli altri detenuti?». Cari Democratici affamati di legalità?! «E gli altri detenuti?». Cari berlusconiani, che divenite antiberlusconiani solo quando il capo parla di amnistia e referendum invece che dei propri processi?!
Mentre (non) cercate risposta, gli "altri detenuti" e i loro parenti hanno provato, a decine di migliaia, a far sentire la propria voce, con la nonviolenza, in compagnia di Bernardini e Pannella. Non li avete ascoltati per anni, cari capipartito indignati della domenica e cari tenutari dei salotti televisivi. Non li state ascoltando oggi e non avete intenzione di ascoltarli domani. Sareste voi a dovervi dimettere.
© 2013 Europa. Tutti i diritti riservati