
In questi giorni Silvio Berlusconi l’ha definito un «Giano bifronte». Un politico di professione che in privato annuncia gruppi autonomi e dice di essersi pentito di avere sciolto An nel Pdl (è quello che secondo il premier sarebbe successo nell’ultimo pranzo a Montecitorio), ma poi in pubblico fa un altro discorso. La stessa tattica double face che il Cavaliere ha notato ieri. Fini va da Lucia Annunziata in «Mezz’ora» per suonare il flauto dolce e abbassare i toni, mentre il suo "ideologo" di FareFuturo Alessandro Campi con un’intervista a «Repubblica» avverte che, se salta tutto, potrebbe nascere un governo tecnico con il Pd. Dunque, qual è il vero volto del presidente della Camera?
Mantiene le sue posizioni e allo stesso tempo in televisione sostiene che il governo e la leadership di Berlusconi non sono in discussione: non dà nessun appiglio per farsi cacciare dal Pdl. Ma Berlusconi ha capito il gioco, spiegano gli uomini che gli sono vicini, non abbocca alla versione moderata di Fini, che lascia ad altri (in questo caso a Campi) il compito di far balenare l’ipotesi di schieramenti alternativi anti-berlusconiani.
«E’ tutto un bluff», dicono gli uomini più vicini al premier. Con i suoi «ma anche» ripetuti in tv Fini si è trasformato in una sorta di Veltroni scivoloso, «una saponetta» imprendibile. Ma si illude, dicono i berlusconiani, di poter raggirare il capo. Il quale adesso farà finta di non prenderlo in considerazione, di farlo cuocere nel suo brodo, volando alto, assumendo un profilo istituzionale: è lui l’unico ed eventuale interlocutore del Pd sulle riforme. Fini potrà andare in giro a fare i suoi «show televisivi» ma le chiacchiere stanno a zero.
L’ex leader di An è atteso nelle aule parlamentari: al primo passo falso ne pagherà le conseguenze. Intanto per Berlusconi le dimissioni annunciate di Italo Bocchino da vicecapogruppo del Pdl alla Camera dovranno essere accolte. Potrebbero saltare anche altri esponenti finiani del direttivo del gruppo, come Carmelo Briguglio.
Bisognerà vedere quanto tempo il premier resisterà nel far finta che Fini non esiste. Il presidente della Camera continuerà la sua campagna politica come leader della minoranza interna, nonostante il suo ruolo istituzionale, a differenza del presidente del Senato Renato Schifani. Il quale ieri ha voluto sottolineare la contraddizione del suo collega di Montecitorio. «Ho impegni familiari e nei prossimi giorni avrò impegni di carattere esclusivamente istituzionale», ha risposto Schifani ai cronisti che gli chiedevano un commento sulla partecipazione di Fini alla trasmissione di Lucia Annunziata. I berlusconiani sono divisi tra chi pensa che i rapporti potranno essere recuperati e chi spinge il premier a non perdere tempo con «Giano bifronte» che vuole soltanto disarcionarlo da Palazzo Chigi. I primi, le colombe, hanno notato i toni bassi di Fini che a loro avviso si sarebbe messo paura della minaccia delle elezioni anticipate. I secondi, invece, come Giorgio Stracquadanio pensano che l’inquilino di Montecitorio sia «un fiume carsico, che oggi si immerge per poi riaffiorare al momento opportuno e destabilizzare ancora». Ieri dalla Annunziata Fini ha evitato le trappole mediatiche, ma per Berlusconi contano solo i fatti. E non i «finti toni sobri», dice Osvaldo Napoli. «Ho ascoltato Fini in tv e in diversi punti la sua strategia permane confusa». Il riferimento di Napoli è all’intervista di Campi nella quale si spinge ad ipotizzare governi
tecnici e una nuova legge elettorale: «Qui si ritorna nella zona grigia del finismo. Campi a nome di chi parla? Le sue sono boutades, o sono un complemento del pensiero finiano che si veste di olimpica serenità?». Intanto Berlusconi fa lo statista e si occupa dei grandi problemi internazionali. Ieri sera ha ricevuto il premier russo Vladimir Putin all’aeroporto di Milano per una visita di due giorni in Italia. Una visita per parlare anche di accordi d’affari tra la Russia e Gheddafi, e delle attività di Eni e Gazprom. Chi meglio di Berlusconi può fare da intermediario tra i due amici Putin e Gheddafi?
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