
08/10/10
Italia Oggi
Un comodato alquanto scomodo: è quello che, in teoria, avrebbe messo pace tra comune di Milano, provincia di Milano e regione Lombardia nel braccio di ferro sull'acquisizione delle aree di Rho-Pero su cui dovrebbe sorgere l'Expo 2015. Pace, ma per l'appunto solo in teoria: sia perché il presidente della Regione, Roberto Formigoni, ha già commentato sarcasticamente la decisione (quindi non unanime!) dei tre soci dell'Expo, facendo capire con chiarezza che lui si limiterà a non boicottare la scelta della Moratti ma non la condivide.
Sia soprattutto perché l'ipotesi del comodato gratuito con i due venditori delle aree, costretti a non vendere e a subirne un esproprio di fatto per almeno sette anni, non è stata ancora minimamente condivisa con gli interessati, ai quali nessuno ha finora detto a quali condizioni potranno finalmente valorizzare i terreni nel 2017, cioè una volta concluso l'Expo e smantellate le strutture speciali ad esso dedicate: non sanno, in sostanza, se e quanto potranno costruirci. Né il gruppo Cabassi, che ha un terzo dei terreni interessati, né la Fondazione Fiera hanno avuto alcuna comunicazione formale. E mancano dieci giorni al 19 ottobre, quando il Bie - l'ente internazionale che da Parigi gestisce l'appuntamento quadriennale dell'Expo - riunirà il suo comitato esecutivo per dare il via definitivo alla scelta di Milano (o meglio, per votare il suo parere favorevole al via che dovrà essere formalizzato dall'assemblea dei paesi aderenti convocata sempre a Parigi per il 23 novembre). Riepilogando: solo il commissario straordinario dell'Expo Letizia Moratti sostiene con assoluta convinzione la formula del comodato, mentre la Regione resta contraria anche se si dice disposta a subire e la Provincia di Guido Podestà appoggia la soluzione, ma più che altro per disciplina di partito.
I venditori sono all'oscuro di tutto ed, anzi, hanno per ora sulle scrivanie ben altri scenari formalizzati: Cabassi ha in mano una bozza di proposta di acquisto, avanzata dieci giorni fa dalla Regione, che è poi sfumata; e la Fondazione si richiama al contratto di programma nel 2007, (condiviso oltretutto dall'allora giunta rossa della Provincia) che comunque prevedeva in modo particolareggiato il futuro diritto di valorizzare le aree. Il ruolo della Fondazione è cruciale per due ragioni: la guida un personaggio come Giampiero Cantoni, senatore del Pdl, molto vicino al premier Berlusconi e certo non timoroso - né per carattere né per storia - di prendere posizioni anche forti per difendere gli interessi dell'ente che amministra; e poi perché l'azionista della Fondazione è proprio la Regione Lombardia, la stessa che avrebbe preferito acquistare le aree!
Insomma: la Moratti ha dieci giorni per presentare ai venditori le condizioni del comodato che chiede e convincerli ad accettarle. Altrimenti, non le resterebbe che ricorrere all'esproprio, che però per legge non può cambiare la destinazione d'uso dei terreni che ne sono oggetto: attualmente agricoli, non potrebbero quindi, se espropriati, essere destinati a manifestazioni fieristiche. Senza considerare le implicazioni politiche ed anche legali di un esproprio così tardivo e pasticciato, impugnabilissimo davanti a qualsiasi Tar.
Ieri, come se niente fosse, la Moratti ha rifiutato ai cronisti qualunque commento sulle battute acide di Formigoni: «Non si vive solo di Expo», ha tagliato corto. E nessuno lo mette in dubbio, vista tanta flemma. Mentre l'ex presidente piddino della Provincia, Filippo Penati - evidentemente immemore del contratto di programma firmato nel 2007 anche da lui - a proposito del comodato d'uso ha parlato di «grande regalo ai privati», forse sapendo, beato lui, quanto grande sia, informazione che ancora manca ai diretti interessati. Ed Emma Bonino, rimasta alla puntata precedente, ha ritenuto di spendersi ancora a favore della proposta del candidato sindaco di Milano Stefano Boeri: impiantare l'Expo sull'area pubblica dell'Ortomercato anziché su terreni privati. Un balletto che lascia senza parole.
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