
Attenti, finisce che le arrivano i voti delle donne indecise, che si incazzano i laici moderati. Il voto di centro destra non è un esercito di soldati schierati contro l'aborto e il divorzio, entusiasti di accanimento terapeutico e terrorizzati dal testamento biologico. Non ho niente contro l'appello dei vescovi italiani, si rivolgono ai cattolici, ricordano loro i valori della fede, li mettono in guardia indirettamente dal rischio che astenersi significhi votare indirettamente nel Lazio per un candidato tanto esplicitamente radicale qual è Emma Bonino.
Ma una cosa è la Cei, un'altra dovrebbe essere il PdL, ovvero popolo delle libertà, o se preferite promotori delle libertà. E non c'è bisogno di essere neo finiani per sentirsi a disagio, basterebbe il ricordo di quando si era socialisti, e la conta dei socialisti ancora presenti nel governo e nella maggioranza; basterebbe essere agnostici, liberali senza vergogna. Faccio parte di una categoria di gente rispettosa, ma anche convinta che il divorzio sia un'istituzione profondamente radicata nella nostra società, che meglio separarsi che stare insieme odiandosi, stile guerra dei Roses. Siamo gente rispettosa, ma anche convinta che l'aborto, scelta dolorosa che ricade prevalentemente sulle donne, sia legge sancita da referendum popolare a furor di "no", nel senso di no all'abrogazione, da trentuno anni, e che il ricorso a questo metodo sia modesto per cifre e per fortuna in continuo calo.
Può succedere che a furia di presentarsi come il governo della famiglia si sortisca l'effetto opposto, che vademecum come quello appena varato al Senato, promotori Maurizio Gasparri e Rocco Buttiglione, sui tredici o giù di lì motivi per dire di no a Emma facciano scattare il vezzo, la tentazione contraria. Di motivi per non votare il candidato governatore del Lazio per il centro sinistra, dipietristi forcaioli e giustizialisti compresi nella santa alleanza, ce ne sono di molto seri. Emma Bonino, con Marco Pannella, ha difeso strenuamente la linea fiscale di Prodi e Visco, ci ha sommersi di tasse. Da ministro del governo Prodi ha votato la controriforma previdenziale grazie alla quale l'Italia è diventato l'unico Paese ad abbassare l'età pensionabile. Ci è costata dieci miliardi di euro, un terzo dei quali li ha trovati innalzando i contributi a carico dei lavoratori parasubordinati, cioè proprio quei precari sulla cui sorte e futuro la sinistra ci tortura. Sempre da ministro di Romano Prodi, la Bonino ha deciso di non utilizzare la moratoria possibile, al contrario di quanto hanno scelto di fare gli altri Paesi europei, e ha fatto accomodare immigrati bulgari e rumeni neo europei senza il minimo controllo, teorizzando la bontà del'`invasione, impalcandosi a paladina dell`antirazzismo di governo.
Sarà bene non votarla governatore, se possibile, anche se a suo tempo ha introdotto nell'Italia delle mammane e delle stragi per aborti clandestini, dei raschiamenti senza anestesia dei "cucchiai d'oro", un metodo, il Karman, l'aspirazione, che trasformò per tante l'incubo in un episodio doloroso più tollerabile. Ecco, quella era un'epoca, questa è un'altra, e lei allora aveva qualcosa in più da dire, oggi no. Oggi appartiene alla peggior politica di tattica senz'anima, di retorica bolsa, di politically correct noioso e nocivo. Sconfitta, statene certi, non farà il consigliere d'opposizione nel Lazio, si terrà la sua bella poltrona di Palazzo Madama.
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