
Anziché presentare una proposta di legge per via parlamentare, Silvio Berlusconi ha puntato sull’iniziativa popolare. Non è chiaro se si sia trattato di una sua pensata ovvero se gli sia stata suggerita. In ogni modo l’iniziativa popolare non reca alcun beneficio in termini di speditezza parlamentare, però serve per farsi propaganda, muovere gli iscritti, mobilitare gli attivisti. Ancor più efficace sarebbe una richiesta di referendum popolare: in questo caso, però, non è stata sollevata, perché semmai il movimento berlusconiano punta a ottenere un referendum propositivo, tramite una legge di revisione costituzionale.
Quest’ultimo percorso è complicato, poco comprensibile e lunghissimo. Invece, depositare una proposta di legge d’iniziativa popolare significa dare spazio all’attività sia delle strutture periferiche di Fi sia dei tanto pubblicizzati club Forza Silvio (per alcuni, già appannati). Se il movimento di B. decidesse di muoversi per qualche iniziativa referendaria (per esempio, per sopprimere il residuo finanziamento pubblico ai partiti), ne trarrebbe indubbio beneficio propagandistico; ma non ne ha intenzione, In effetti, al più appoggia (meglio: dice di appoggiare) referendum altrui, fossero dei radicali (l’anno scorso) o della Lega (adesso). Simili mobilitazioni per raccogliere le firme servono altresì a misurare l’effettiva consistenza e la concreta rispondenza della base.
L’esperienza di Beppe Grillo insegna. La campagna «Parlamento pulito», lanciata nell’ormai lontano 2005 (era in carica il governo Berlusconi III), raccolse oltre 350mila firme e mosse i cittadini intorno a temi d’indubbia popolarità, anche se di dubbia validità (come il limite di due legislature per gli eletti). Coagulò simpatie sul comico, sfruttate al momento di presentarsi alle elezioni. Poi, il progetto di legge giacque in Parlamento. Infatti, non sussiste alcun obbligo, per le Camere (se ne sta discutendo in sede di riforma regolamentare), di dibattere entro termini rigidi le proposte d’iniziativa popolare. Siccome sono i partiti, tramite i gruppi, a determinare i calendari del Parlamento, è ovvio che ad andare avanti siano le proposte che i partiti stessi gradiscono.
Sotto questo profilo, ovviamente Fi avrebbe tutto da guadagnare puntando su un normale progetto di legge parlamentare. Ma c’è da dubitare che il Cav intenda davvero scommettere sulla discussione della riforma presidenzialistica: gli serve semplicemente un po’ d’immagine, condita con effetti di propaganda.
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