
24/03/11
Liberazione
Voliamo sulla Libia ma non facciamo la guerra. Ci appelliamo alla Nato ma la Nato ha già detto che non andrà oltre il pattugliamento del mediterraneo per evitare traffici di armi. Non vogliamo bombardamenti ma i bombardamenti ci sono, gli americani li raccontano anche. Con queste premesse, il dibattito parlamentare sull'intervento militare in Libia non può che essere surreale. Infatti è surreale. A tarda sera, quando questo giornale sarà già in tipografia, l'assemblea di palazzo Madama si esprimerà su cinque risoluzioni. Tutte quante in appoggio alla guerra, seppur con accenti diversi. Pdl e Lega trovano la quadra e presentano una risoluzione congiunta. Il terzo polo casinian-finaino vuole dire la sua e presenta un documento in proprio. Pd e Idv invece la quadra non la trovano e così sottopongono al voto dei senatori due distinti testi. E il quinto? Viene presentato dai radicali, cui danno manforte alcuni democrat di volta in volta ulivisti (Sircana), legambientini (Della Seta, Ferrante, anche Marcucci). Il solito Pd insomma. Non ci sono grandi differenze fra i vari documenti, nel senso che nessuno chiede di fermare l'operazione militare. I radicali dicono esplicitamente che va messo in archivio il trattato italo-libico, evidentemente ritengono che faccia scudo ad ulteriori interventi tricolori nel paese africano. Alle armi, alle armi ma in ordine sparso. Il perché è legato a sottigliezze diplomatiche. Il Pd sostiene che la risoluzione della maggioranza sulla Libia avrebbe dovuto ricalcare il mandato delle Nazioni unite. Pari, pari. Inoltre le opposizioni avrebbbero voluto Silvio Berlusconi in aula. Si sono dovute accontentare di Franco Frattini e Ignazio La Russa. Pd e Idv avrebbero invece voluto sentire dal presidente del Consiglio la «sintesi politica e pratica» della posizione italiana. In effetti non si capisce molto, quasi nulla dell'ondivago atteggiamento del governo. Va da sé che il presidente del Consiglio canta vittoria. «Tutte le nazioni europee seguono l'Italia», dice in Consiglio dei ministri. Non è vero. Tant'è. Il premier - riferisce chi ha partecipato alla riunione - avrebbe anche sottolineato che il nostro paese è stato il primo a chiedere che le operazioni vengano coordinate dalla Nato. Il Cavaliere avrebbe poi insistito sulla necessità di avviare una mediazione con Tripoli. In altre parole pensa di poter intervenire direttamente sull'amico Gheddafi. Però in Senato Berlusconi non c'è. Ci sono i leghisti felici come pasque. Federico Bricolo, appena concluso il vertice con i colleghi del Pdl, si precipita davanti alle telecamere per sottolineare che «le nostre osservazioni sono state accolte e dunque abbiamo trovato un accordo con gli alleati della maggioranza per una risoluzione comune». Tutto vero per il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, che insieme al collega della Camera, Fabrizio Cicchitto, parla di «condivisione di tutti i gruppi di maggioranza», anche da quello di "Coesione nazionale" a palazzo Madama e di "Iniziativa responsabile" a Montecitorio. «Ma non si tratta di un testo di compromesso», precisa Gasparri. Invece è un compromesso, peraltro riuscito. Il terzopolista Francesco Rutelli svela il motivo per cui Mpa, Udc, Api e Fli non voteranno insieme al Pd: «La risoluzione del Pd è condivisibile, ma è troppo asciutta, troppo povera». E neppure con Pdl e la Lega: «La risoluzione della maggioranza - dice Rutelli - è confusa». Ci vuole una terza via. Così, cammin facendo, si arriva a depositare all'ufficio di presidenza di palazzo Madama ben cinque risoluzioni. Durante il dibattito surreale Ignazio La Russa svela: «Abbiamo impedito la strage di un popolo». E allora non si capisce che ci stiamo ancora a fare sui cieli del Mediterraneo e della Libia. Il ministro Frattini aggiunge che in Libia serve arrivare quanto prima ad un cessate il fuoco per aprire una nuova fase politica senza il colonnello Muammar Gheddafi e che l'Italia, pur partecipando alla coalizione internazionale, sarà d'ora in poi «più attenta» perché l'uso della forza avvenga nel rispetto della risoluzione dell'Onu. Pii desideri, almeno a giudicare da come si sta complicando lo scacchiere internazionale in quello che si avvia a diventare un autentico pantano. Dal quale l'Italia vorrebbe uscire al più presto. Però non può, almeno a giudicare dalle cinque risoluzioni parlamentari. Petrolio, strategie geopolitiche, accordi con Gheddafi perché impedisca ai migranti di attraversare il mediterraneo ecco le catene che tengono l'Italia legata, malvolentieri, ai cacciabombardieri.
© 2011 Liberazione. Tutti i diritti riservati