
Leggete il labiale: siè-di-mes-sa. La notizia più diffusa e smentita nella storia della comunicazione moderna è ormai definitiva. L’ha ufficializzata ieri sera lei stessa, Renata Polverini, in una conferenza stampa bizzarra, in realtà l’ultimo tumultuare da loggione, con accuse ruvidissime dispensate come fondi pubblici, e la claque a imporre scrosci d’applausi.
Però si è dimessa, senza essere indagata, e con un partito indefinibile che ha cercato fino alla fine di trattenerla al centro di questa fiera allucinata, di modo che anche l’ultimo giorno si trasformasse in un lavorìo da tergicristallo, dimissioni sì, dimissioni no, dimissioni entro e non oltre. E questo, per lei, è un punto d’onore.
Non ne rimangono molti altri. La piazzata è proseguita otto giorni, da lunedì a lunedì, con un andamento improbabile ma reiterato da telenovela messicana. E così ieri sera la governatrice si è ripresentata con l’espressione irata e offesa di chi è cascato dentro un enciclopedico raggiro. Ha parlato di guerra civile nel Pdl e anche nel Pd. Ha detto che «le ostriche volavano in Regione» da ben prima che lei vi si insediasse, e noi siamo stati ben contenti di registrarlo, e saremo contenti di approfondirlo, poiché ora svelerà porcherie che «la gente nemmeno si immagina». Ma forse doveva svelarle prima. Forse anche a un magistrato. Ha detto che ora si sente «libera e sollevata, dopo due anni e mezzo lì dentro in gabbia», in un «sistema delirante» e su cui però pare essere scivolata leggera per ventinove mesi. Ha detto di avere aspettato così tanto prima di mandar tutto gambe all’aria per «smascherare l’ipocrisia» delle opposizioni (e in effetti ieri nessuno si è dimesso, malgrado gli annunci di irrevocabilità), probabilmente convinte, ha detto, che i pesanti tagli da lei stessa imposti sarebbero stati addolciti; e però venerdì - cinque giorni dopo aver preso i settanta consiglieri per la collottola in una requisitoria aspra e scomposta - era tornata nell’aula della Pisana con l’inclinazione alla blandizia, per dire grazie a destra e a sinistra e al centro per il coraggio delle riforme e bla bla.
Ha detto che il Consiglio regionale è «indegno, vile e codardo»ed è il Consiglio regionale della sua maggioranza, compresi oltre dieci consiglieri della Lista che porta il suo nome. Ha parlato di «personaggi da operetta» e sono quelli che hanno aumentato in allegria e abbondanza, e in plateale consociativismo con la sinistra (e a protestare, inascoltati, soltanto i radicali), le dotazioni ai partiti senza che lei né il suo assessore al Bilancio né altri se ne accorgessero, diciamo così. Ha definito «una vergogna» i suoi colleghi indagati (l’emiliano Vasco Errani, per esempio) che non schiodano, come se la strategia del «lui è peggio di me» avesse ancora un’efficacia. Si è finalmente liberata di un partito, il Pdl, pieno «di persone da mandare via», eppure è il partito da cui s’è lasciata condurre per una settimana su una giostra fanciullesca e che nelle ultime ventiquattro ore, dalla visita a Mario Monti alla conferenza di dimissioni, aveva conquistato le crode dell’umana fantasia. La Polverini sostiene di avere sentito domenica il premier e prima ancora il presidente Giorgio Napolitano per comunicargli la conclusione dell’avventura, ma nello stretto di giro di Angelino Alfano venivano partorite informazioni vaste e contrastanti, secondo cui la determinazione della Polverini non pareva così marmorea.
Polverini che ieri mattina ha bidonato cinque minuti prima dell’avvio un summit organizzato nella sede pidiellina di via dell’Umiltà. Per le due ore successive - raccontavano gli angosciati parlamentari berlusconiani - si era data alla macchia e non rispondeva al telefono. E finalmente si era consegnata al segretario a Montecitorio, da dove era uscita muta, chissà se per riservarsi la gloria dell’ultimo atto. E dunque nemmeno lì si era capito il finale: sarà oggi, sarà domani, dopodomani? Ognuno diceva la sua, tanto che il pronostico più concreto portava la firma di un sapido senatore: «Si dimette, si dimette. Ma non in questa vita».
Ora si andrà avanti, masoltanto per gli affari correnti. Già si dibatte intorno ai tagli stabiliti ma non votati, se siano a forte rischio se non altro per questioni tecniche. In ogni caso sfuma una storia a cui manca soltanto l’epilogo e la Polverini, ieri sera, dopo essersi rallegrata per la perfetta linea raggiunta dopo giorni di doloroso digiuno, si è acidamente augurata che l’epilogo sia la galera per molti. Politicamente è già una galera per tutti. Radicali esclusi.
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