
Le dimissioni di Berlusconi, sia pure post datate, se non hanno prodotto effetti benefici sullo 'spread' sembrano almeno giocare a favore dell'intellegibilità dei dibatti televisivi. Sarà un caso, ma dopo la salita al Colle del Cavaliere è stato possibile seguire una puntata di “Ballarò” nella quale nessuno si dava sulla voce e gli intervenuti si esprimevano non con invettive ma attraverso concetti, magari discutibili ma almeno compiuti.
Non accadeva da tempo immemorabile. È vero che non c'era l'onorevole Lupi, appena reduce dalla maratona di New York, e nessuno aveva pensato ad invitare La Russa e Di Pietro, ma con un po' di ottimismo si può intuire un segnale di tempi nuovi. Se invitassero qualche deputato radicale la mutazione sarebbe completa. Il clima nuovo toccava nella serata dell'altro ieri anche gli ospiti del Tg3-notte, con il facondo ministro Rotondi impegnato in ricostruzioni storiche a proposito delle defezioni subite dal PdL. Rotondi ha citato un famoso editoriale del 1960, quando Lauro si dimise da sindaco di Napoli perché alcuni suoi consiglieri lo abbandonarono per passare al la Dc di Silvio Gava, episodio magistralmente ricostruito da Francesco Rosi nel film "Le mani sulla città ". L'editoriale definiva, poco urbanamente, «puttani» i transfughi. Ma non erano quattro come ha detto Rotondi, bensì sette. Poco importa, se il ricordo può servire a mettere all'ordine del giorno la riforma elettorale, visto che col “porcellum” sembrano tornati i tempi di Lauro.
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