
Ha 49 anni e la pelle abbronzata dal sole, si chiama Penny Palfrey e lo scorso weekend ha tentato di attraversare a nuoto una distanza di circa 166 chilometri tra Cuba e Stati Uniti. È partita dall’Havana venerdì alle 7 di mattina e alle 9 di sabato aveva già nuotato per metà tragitto, oltre 80 chilometri.
Scortata da un kayak, senza una gabbia per proteggersi dagli squali, la nuotatrice britannico-australiana voleva registrare un record sognato da tanti altri atleti. La statunitense Diana Nyad, 62 anni, ci aveva provato in tre occasioni, senza mai riuscire a completare l’intero tragitto. Nel caso di Penny, l’attraversata è stata seguita grazie a un Gps che portava sul suo costume da bagno e, attraverso l’account Twitter @PennyPalfrey, era possibile ottenere informazioni sulla sua esatta localizzazione e sul suo stato fisico. Il tempo dell’attraversata era stato calcolato in 40-50 ore, ma quando aveva già percorso tre quarti del suo tragitto, ha dovuto gettare la spugna.
Il motivo principale? Le forti correnti d’acqua che l’hanno costretta a uscire dall’acqua a mezzanotte del secondo giorno.
La tenace Penny era attorniata dal suo gruppo di appoggio: medici, allenatori, meteorologi, osservatori e due yacht che emanavano ultrasuoni per mettere in fuga squali e altri pesci pericolosi. Durante la prima notte, alcune meduse le avevano provocato irritazioni e fastidi. Ma non è stato questo a costringerla a interrompere la traversata. Penny era partita dal «Club Náutico Internacional Ernest Hemingway», ad ovest della capitale cubana, che quest’anno celebra il suo 20esimo anniversario di fondazione. Aveva dedicato proprio a questo evento la sua impresa e – prima di tuffarsi in mare – aveva ringraziato suo marito Chris Palfrey, i tecnici che l’avevano appoggiata e i funzionari cubani che avevano collaborato al progetto. L’intenso allenamento di preparazione era durato mesi e le era costato un grande sforzo fisico, specialmente per una donna che non è solo madre, ma anche nonna. Nel 1997 l’australiana Susie Maroney riuscì ad attraversare lo stretto della Florida, ma lo fece protetta da una gabbia antisquali. Se Penny ci fosse riuscita questa volta – senza protezioni – sarebbe entrata nel libro dei record. Sarebbe salita di un altro gradino nella sua carriera, che già la vede inclusa nel “Museo internazionale” del nuoto in acque aperte. Detiene infatti il record di 108 chilometri a nuoto in solitaria, stabilito lo scorso anno nelle Isole Caiman.
Anche se non ha raggiunto il suo obiettivo, il gesto di Penny non va visto solo dal punto sportivo, ma soprattutto da quello politico. In questo tratto di mare che ha cercato di attraversare sono passati migliaia di cubani che nelle ultime decadi sono fuggiti dall’isola. Le più famose tragedie verificatesi nello Stretto della Florida sono state quella del ponte marittimo di Camarioca, nel 1965, quella del porto di Mariel, nel 1980, e la Crisi dei Balseros nel 1994. Ma ancora oggi ci sono persone che si gettano in mare a bordo di imbarcazioni molto precarie. Proprio lo stesso giorno in cui la britannico-australiana aveva iniziato a nuotare verso gli Stati Uniti, un gruppo di otto cubani era stato respinto dai guardacoste americani che li avevano intercettati a bordo di una rustica imbarcazione di polistirolo. Anche per questo alcuni esiliati avevano criticato duramente la decisione di far svolgere questa impresa atletica in un tratto di mare che considerano «un cimitero di cubani». Altri ancora hanno sottolineato un certo contrasto tra le cose, tra la linea dura della polizia americana contro chi cerca di raggiungere gli Stati Uniti a bordo di imbarcazioni fai-da-te e le fanfare che avrebbero accolto la possibile prodezza di Penny Palfrey.
Nonostante la varietà di giudizi, a favore o contro il gesto sportivo, ciò che è certo è che a ogni metro percorso da Penny la distanza tra i due Paesi si riduceva. Queste due rive, tanto vicine geograficamente quanto lontane politicamente, si sono sentite – almeno per un weekend – al punto di toccarsi grazie alle braccia di una donna.
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