
Emma Bonino è «pacata, ferma, decisa», nelle ore tese in cui la democrazia violata, che i radicali denunciano da anni a suon di scioperi di fame e sete, è un fatto compiuto per decreto. Ma, dice, «senza Stato di diritto, non ci sono diritti: non so cosa accadrà, davvero non lo so». E' preoccupata, nella preoccupazione che spira (ma leggera) sulla coalizione di centrosinistra che la sostiene verso la presidenza della Regione Lazio. Ma non si tratta di quello che potrebbe accadere domani mattina, nel rassemblement di tutte le componenti radicali che Pannella ha chiamato all'adunata, e che potrebbe chiederle clamorosamente di rinunciare alla candidatura. «Sono preoccupata perché il decreto che cambia, a elezioni in corso, le regole che valgono per tutti in regole a favore di pochi non verrà nemmeno convertito in legge dal Parlamento, così come dovrebbe essere, prima delle elezioni.
Forse, il Pdl lo farà decadere, per evitare i ricorsi alla Corte Costituzionale. Mi interrogo su come si fa, a giocare con i bari. E sono allibita dall'arroganza. E il Tar della Lombardia non ha ammesso i ricorsi dei radicali, ammettendo la lista di Formigoni: questa è la prima applicazione del decreto imposto da Berluscon». E dunque, non si gioca con i bari, e come si fa coi bari, dice Pannella, «si rovescia il tavolo? si chiamano i carabinieri? No: si pone il problema a tutti i democratici». E questo faranno i radicali. Aggiungendo però che «Parigi non vale una messa, e ci vuol ben qualcuno che lo dica. Non illudiamoci che non giungano mai, quei momenti in cui si debbono prendere posizioni radicalmente serie e drammatiche», aggiunge Pannella.
Ma l'assemblea di domani, chiarisce Pannella nella conversazione domenicale con Massimo Bordin a Radio radicale, «non è un consesso in cui si prendano decisioni». E dunque non c'è nessuna minaccia, e lo si capisce perché il Pd a cominciare da Bersani sembra dormire sonni tranquilli, Nicola Zingaretti spande armonia, «nessuno pensa a un dietrofront», e anzi invita «la destra onesta a votare per noi», cosa non così campata per aria, se si ascolta anche solo qualcuno dei tassisti sin qui fan di Alemanno, o se si cercano le voci di «quelli di destra» nelle piazze del Popolo Viola.
Ma c'è un rischio. Non dall'irrisione dei rivali, «Bonino si ritira? Mi avevano detto che era una campagna elettorale sui generis, ma così esageriamo...», diceva ieri la competitor Polverini. Ma dalla (eventuale) sottovalutazione del tema di democrazia che i radicali hanno posto attorno a queste elezioni. Inascoltati.
«Lo abbiamo detto a tutti, anche a Napolitano, tre settimane fa, queste elezioni sono illegali, bisogna sanare tutto il processo nazionale», dice Marco Cappato rievocando la proposta del costituzionalista ed ex parlamentare ds Massimo Villone, «e Napolitano invece scrive che nessuna forza politica ha fatto proposte».
Col Capo dello Stato ce l'ha un po` anche Pannella, «lo conosco dai tempi lontani in cui ero consigliere comunale a Napoli, ha sempre dato per scontate le nostre battaglie contro le prassi della partitocrazia». Ma, aggiunge, «è evidente che non si può fare boicottaggio, sarebbe come se Emma comunicasse che fare il presidente del Lazio è un'illusione». Io, dice Pannella, «il Capo dello Stato l'ho votato», ma adesso «Signore, perdona lui che non poteva sapere...». Dice infine
Pannella che «c'è stato un massacro della democrazia». E che di questo adesso bisogna parlare. Non è una minaccia, e non si può fare boicottaggio. Però, decritta Marco Cappato, qualcosa si può fare: «Aprire una soluzione veramente legale e costituzionale, il rinvio delle elezioni di un mese». O perlomeno «porre il problema a tutti i democratici».
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