
ROMA «Capisco la volontà di non perdere tempo, ma ora si esagera, non si tratta mica della riforma del condominio! In questo modo si taglia fuori il Parlamento che si limiterà a fare il notaio in un prendere o lasciare». In consiglio dei ministri Emma Bottino, titolare della Farnesina, prende cappello quando, al termine dell’illustrazione del ddl di riforma costituzionale, Enrico Letta sostiene che il tutto «può concludersi anche prima dei diciotto mesi previsti» dal testo. Contro «l’ossessione dei tempi», si scaglia anche il ministro Andrea Orlando, ma alla fine il ddl esce nella versione con la quale l’aveva fatto entrare il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello e la bicamerale di nuova generazione è pronta a venire alla luce entro ottobre.
Proprio quando scadranno i tempi dei 35 saggi che, provvedimento alla mano, dovranno cominciare da subito ad elaborare i propri illustri pareti in modo da concludere per ottobre. Più che un ddl costituzionale le tre paginette e gli otto articoli di cui è composto il testo somigliano ad un protocollo da usare in situazioni di emergenza o di pericolo. Lo scadenzario è fittissimo, i termini sono perentori e gli «entro» e i «non oltre» si sprecano. Programma strettissimo, ma zero contenuti. Almeno nessun accenno nell’altrettanto stringatissimo consiglio dei ministri. Della costruzione a matrioska del percorso riformatore si duole ufficialmente l’ex ministro Rosy Bindi, ma dubbi cominciano a serpeggiare anche nel Pdl. Costringere i 35 professori che compongono il comitato dei saggi a lavorare a luglio e agosto può anche essere interpretata come una maliziosa cattiveria, ma ciò che insospettisce gli eletti è quanto il ddl prevede ai commi 2 e 6 dell’articolo 2.
Ovvero che se il Comitato dei Quaranta non trova l’intesa su nessun testo, deve comunque trasmettere alle Camere un testo. Magari un progetto di legge fra quelli che possono assegnare i presidenti delle camere al Comitato in qualunque momento ed entro la data di conclusione dei lavori. Come dire che se non si arriva ad un accordo, può spuntare un testo - magari frutto del lavoro del governo e sul quale Letta e Alfano hanno posto il visto - che i presidenti Grasso e Boldrini trasmetteranno ai Quaranta e che il Comitato può anche emendare e poi rimandare in Parlamento.
Se sul contributo dei 42 saggi (35 professori più 7 estensori) si è già aperto un dibattito, rischia ora di aprirsene un altro sul ruolo del Comitato dei Quaranta che, nel disegno di legge, nascerebbe munito di una sorta di ciambella di salvataggio. Ma i dubbi della Bonino e quelli della Bindi, ruotano sul ruolo del Parlamento che all’articolo 4 del ddl dovrà approvare la riforma «con due successive votazioni ad intervallo non minore di un mese» e non tre come previsto attualmente. Una corsa contro il tempo che inizierà sin dal varo del ddl licenziato ieri dal consiglio dei ministri sul quale il ministro Franceschini è pronto a chiedere alle Camere la procedura d’urgenza. Mentre i consumi sono in caduta libera e Draghi vede nero anche per il 2014, il governo ha messo il lampeggiante sulle riforme. O forse su se stesso.
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