
12/05/10
la Repubblica
Maroni vince, ma solo in parte, la sua battaglia contro quello che la stessa Lega ha ribattezzato misura "svuota carceri", la possibilità di scontare agli arresti domiciliari l’ultimo anno residuo di detenzione. Tant’è che il ministro dell’Interno dichiara: «Il ddl è stato migliorato di molto e sono state accolte molte richieste che avevo fatto. Spero che continui a essere migliorato prima dell’approvazione». Ha incassato, con tre emendamenti presentati dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo alla Camera, l’obbligo che il domicilio sia garantito e certo, che siano i magistrati di sorveglianza, dopo una relazione del direttore del carcere, a concedere i domiciliari, che sia stralciata la "messa in prova", istituto preso a prestito dalla legislazione sui minori e che, per reati fino atre anni, avrebbe consentito di evitare processo e carcere a chi si offriva di svolgere lavori di pubblica utilità.
«Un ottimo punto di intesa» per il Guardasigilli Angelino Alfano che considera la partita già chiusa. Ma il partito di Bossi vuole un’ulteriore stretta, passare da una misura a regime, che vale sempre, a una solo per l’emergenza, in vigore solo fino alla fine del 2012 quando si comincerà a vedere qualcuno degli oltre
21mila posti nei futuri penitenziari per ora vagheggiati nel piano carceri del direttore del Dap e commissario straordinario Franco Ionta. Maroni ha rinunciato, almeno fino a ieri, a decurtare della metà il beneficio, riducendolo da un anno a sei mesi. Sarebbero dovuti uscire 78mila detenuti. Duemila a regime
negli anni a venire. Più altri 23mila che non sarebbero entrati in cella grazie alla messa in prova. «Boccata d’ossigeno indispensabile» per il Dap. Ma ora i numeri cambiano drasticamente. Usciranno 1.500-2mila detenuti. E la Lega chiede l’assunzione di 3mila tra poliziotti e carabinieri per garantire i controlli, non si sa bene con quali soldi, visto che non ce ne sono neppure per i 2mila agenti penitenziari che Alfano e Caliendo sono riusciti a spuntare.
La radicale Rita Bernardini, in sciopero della fame da un mese per ottenere la legge originaria (concessione automatica dei domiciliari), tace su modifiche che non condivide. Dal pianeta carcere un esperto come il presidente di Antigone Patrizio Gonnella parla di «legge inutile perché non avrà alcun effetto deflattivo». Il garante dei detenuti di Firenze Franco Corleone boccia una legge che «era una schifezza» e adesso «è una provocazione». Per Eugenio Sarno, segretario della Uil penitenziari, «le beghe e le baruffe tra ministri allontanano qualsiasi prospettiva di risolvere l’emergenza carceraria». Ma il sottosegretario Caliendo non è così pessimista: «Con questa misura potremo arrivare con maggior respiro
alla fine del 2011 quando ci saranno le nuove celle». Alfano respinge allusioni sul piano carceri che finisce tra gli appetiti della cricca degli appalti: «Lo vogliamo fare questo piano carceri senza finirci dentro. Chi ha brutte idee sappia che ha trovato il ministro e il periodo storico sbagliati». Sulle modifiche il consenso è diffuso e trasversale. Soddisfatto Antonio Di Pietro («Abbiamo evitato un amnistia mascherata»); più serena la pd Donatella Ferranti («C’è un passo avanti in termini di chiarezza»); Enrico Costa (Pdl) vede «un testo equilibrato». Plaude pure l’Anm di Luca Palamara («Entrano nel testo le osservazioni che avevamo fatto davanti alla commissione»). Se l’accordo venisse chiuso potrebbe tornare anche l’idea di votare il testo direttamente in commissione.
«Un ottimo punto di intesa» per il Guardasigilli Angelino Alfano che considera la partita già chiusa. Ma il partito di Bossi vuole un’ulteriore stretta, passare da una misura a regime, che vale sempre, a una solo per l’emergenza, in vigore solo fino alla fine del 2012 quando si comincerà a vedere qualcuno degli oltre
21mila posti nei futuri penitenziari per ora vagheggiati nel piano carceri del direttore del Dap e commissario straordinario Franco Ionta. Maroni ha rinunciato, almeno fino a ieri, a decurtare della metà il beneficio, riducendolo da un anno a sei mesi. Sarebbero dovuti uscire 78mila detenuti. Duemila a regime
negli anni a venire. Più altri 23mila che non sarebbero entrati in cella grazie alla messa in prova. «Boccata d’ossigeno indispensabile» per il Dap. Ma ora i numeri cambiano drasticamente. Usciranno 1.500-2mila detenuti. E la Lega chiede l’assunzione di 3mila tra poliziotti e carabinieri per garantire i controlli, non si sa bene con quali soldi, visto che non ce ne sono neppure per i 2mila agenti penitenziari che Alfano e Caliendo sono riusciti a spuntare.
La radicale Rita Bernardini, in sciopero della fame da un mese per ottenere la legge originaria (concessione automatica dei domiciliari), tace su modifiche che non condivide. Dal pianeta carcere un esperto come il presidente di Antigone Patrizio Gonnella parla di «legge inutile perché non avrà alcun effetto deflattivo». Il garante dei detenuti di Firenze Franco Corleone boccia una legge che «era una schifezza» e adesso «è una provocazione». Per Eugenio Sarno, segretario della Uil penitenziari, «le beghe e le baruffe tra ministri allontanano qualsiasi prospettiva di risolvere l’emergenza carceraria». Ma il sottosegretario Caliendo non è così pessimista: «Con questa misura potremo arrivare con maggior respiro
alla fine del 2011 quando ci saranno le nuove celle». Alfano respinge allusioni sul piano carceri che finisce tra gli appetiti della cricca degli appalti: «Lo vogliamo fare questo piano carceri senza finirci dentro. Chi ha brutte idee sappia che ha trovato il ministro e il periodo storico sbagliati». Sulle modifiche il consenso è diffuso e trasversale. Soddisfatto Antonio Di Pietro («Abbiamo evitato un amnistia mascherata»); più serena la pd Donatella Ferranti («C’è un passo avanti in termini di chiarezza»); Enrico Costa (Pdl) vede «un testo equilibrato». Plaude pure l’Anm di Luca Palamara («Entrano nel testo le osservazioni che avevamo fatto davanti alla commissione»). Se l’accordo venisse chiuso potrebbe tornare anche l’idea di votare il testo direttamente in commissione.
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