
Per essere un premier che solo l’altro ieri aveva annunciato che si considera in scadenza nel 2013, Monti ha dato ieri un’accelerata che lascia intendere che i mesi che gli restano non saranno certo di ordinaria amministrazione. In un intervento all’assemblea dell’Assobancaria ha detto infatti che l’Italia ha davanti a sè «un percorso di guerra», che non può certo considerarsi compiuto, e che molti dei mali contro cui l’Italia sta combattendo sono legati a un uso sbagliato della concertazione, il metodo di confronto con le parti sociali inaugurato nell’era Ciampi, grazie al quale furono firmati gli accordi che portarono l’Italia nell’Eurozona. Durissima, quanto prevedibile, la reazione dei sindacati, in particolare della segretaria della Cgil Camusso, a questa seconda affermazione.
Inoltre, più o meno nelle stesse ore in cui il premier pronunciava il suo discorso, Vittorio Grilli si preparava a salire al Quirinale per giurare da ministro dell’Economia. La promozione del viceministro, che è stato al fianco di Monti in questi difficilissimi otto mesi e nell’opera di riaccreditamento dell’Italia agli occhi dell’Unione, conferma la piena fiducia che Grilli si è guadagnato sul campo e la maturazione che gli consentirà nel prossimo futuro di gestire anche in prima persona parte del confronto con le autorità di Bruxelles. E ancora introduce un elemento di riequilibrio all’interno del governo: nel senso che prima c’era un solo superministro, Corrado Passera, e adesso, con Grilli all’Economia, ce ne sono due. Forse è anche per questo che Monti - ad evitare tensioni interne alla compagine ministeriale, e a confermare che soprattutto su questa materia il coordinamento dei lavori tocca a lui - ha voluto annunciare contemporaneamente la nascita, all’interno dell’esecutivo, di un comitato per la politica economica, da lui presieduto, alle cui riunioni prenderanno parte tutti i ministri coinvolti nelle scelte rigorose a cui il governo è chiamato e qualche volta anche il Governatore della Banca d’Italia in qualità di invitato. Una mossa politica, di un presidente del consiglio che tiene a definirsi tecnico, di una saggezza vecchio stampo.
Sarà anche per ciò che, negli stessi corridoi parlamentari che avevano accolto freddamente la denuncia di Monti dei timori europei sull’Italia dopo le elezioni del 2013, dopo la giornata di ieri s’è fatta più forte la consapevolezza che sarà difficile fare a meno di “SuperMario” l’anno prossimo. In quale ruolo, è difficile dire: ma già c’è chi non esclude la staffetta con Napolitano al Quirinale.
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