
La tentazione di una sua lista e quindi di una candidatura prevede ancora riflessioni, ripensamenti, possibili scarti. Ma sulla scrivania di Mario Monti a Palazzo Chigi è custodita in una cartellina la
road map della discesa in campo. Una serie di appuntamenti preliminari fino a sabato 22, all’indomani delle dimissioni e della conferenza stampa di fine anno da premier, con l’ipotesi di un nuovo incontro con i giornalisti per parlare del suo futuro da uomo libero.
In mezzo troverà posto un incontro con Pier Luigi Bersani oggi o domani. Ancora più necessario se si concretizzasse una sfida elettorale tra i due. Poi la valutazione degli effetti di un suo “partito” nel vasto bacino dell’astensionismo. Infine, la stesura di un documento programmatico che Monti vuole presentare ai centristi e al centrosinistra, le due aree politiche alle quali fa riferimento dopo la rottura con Berlusconi. Sarà un testo aperto, sul quale potranno confrontarsi sia il Pd sia i moderati.
L’incontro con il segretario democratico è stato concordato al telefono venerdì. «Dobbiamo parlarci», ha detto Monti. Già nel corso della chiamata qualche tema spinoso è stato affrontato. Bersani considera obbligata un’accelerazione della scelta perché più si protrae l’incertezza più cresce il disorientamento del popolo Pd. Il candidato premier del centrosinistra ha fatto l’esempio dell’intervista di D’Alema al Corriere uscita proprio venerdì («Il Professore in campo? Sarebbe moralmente discutibile »). È il sintomo di quanto l’ambiguità possa creare degli effetti spiacevoli per tutti. Una parte dei nostri vorrebbe che tu rimanessi fuori dalla mischia e se non sciogli la riserva in fretta finisce per dirlo a chiare lettere, è stato il ragionamento del leader Pd.
Non è il caso di Bersani, convinto, in cuor suo, che Monti rinuncerà al passo verso la politica. Comunque, dice, «io resto sereno ed è la pura verità». Anche se sembra avvicinarsi un duello per la premiership proprio tra Bersani e Monti? Anche, è la risposta del segretario. Che però chiede al premier di pronunciarsi il prima possibile. Gli sembra incredibile questo tira e molla. E sa che l’incertezza è rimasta anche nell’incontro tra Monti e Giorgio Napolitano ieri mattina. Colloquio che il Quirinale non ha voluto in alcun modo commentare mantenendo un’assoluta neutralità sull’eventuale scelta finale. Se Monti avesse detto una parola definitiva al capo dello Stato, Bersani l’avrebbe saputo. Quindi, aspetta ma è impaziente. Il faccia a faccia chiarirà molte cose e vale anche per il premier. Tra le altre, Bersani, riconoscendo l’ottimo lavoro svolto dal governo in termini di autorevolezza e credibilità a ogni livello, chiederà al presidente del Consiglio di evitare quello che fanno tutti i governi a fine corsa: nascondere un po’ di polvere sotto al tappeto, indorare la pillola. È bene invece che la situazione complessiva del Paese sia chiara agli italiani.
Il vertice Monti-Bersani è un passaggio fondamentale. Ma non l’unico. Mentre il Professore riflette sulla tentazione, la “sua” lista, ovvero Verso la Terza Repubblica, il movimento di Andrea Riccardi, Luca di Montezemolo e Andrea Olivero, comincia a raccogliere le firme per presentarsi al voto. Domani parte la campagna di pre-adesioni, sul modello inaugurato dai radicali. Massima trasparenza e un serbatoio cui attingere in pochissimi giorni quando sarà il momento di certificare 60 mila firme. Non c’è tempo da perdere anche se i tempi potrebbero allungarsi. Rimane in piedi l’ipotesi del voto il 17 febbraio. Ma oggi è più probabile la data del 24 per motivi tecnici. Mancano infatti alcuni adempimenti per le circoscrizioni estere che rendono incompatibile la corsa verso la prima data utile.
Il documento programmatico aperto è l’altra tappa fondamentale. L’agenda Monti, tanto evocata nelle ultime settimane, avrà un sua forma organica e sarà declinata al futuro, alla prossima legislatura. Può diventare la vera base su cui costruire l’alleanza dei progressisti e dei moderati, alla quale Bersani non ha affatto rinunciato. Ma, certo, la condivisione di quel documento darebbe al premier un oggettivo vantaggio per una conferma a Palazzo Chigi. Nel caso di una sua lista, il testo assume un grande rilievo per dare consistenza a una candidatura inattesa e che vuole uscire dal recinto delle aspirazioni personali. Per questo si ragiona su una conferenza stampa successiva a quella tradizionale di fine anno, alle dimissioni e allo scioglimento delle Camere, dove Monti si presenterebbe svincolato dalla sua “strana maggioranza”. E forse nella veste di chi ne chiede una nuova agli elettori come candidato premier.
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