
Sui costi della politica si sono riempiti libri, pagine di giornali e piazze. È indubbio che in Italia la politica e i suoi apparati hanno costi insopportabili agli occhi dei cittadini e delle imprese sottoposti a una pressione fiscale tra le più alte dell'Occidente. C'è molto, moltissimo da sfrondare e qualcosa la manovra ha iniziato a fare. Primo: non è da sottovalutare il gesto simbolico del presidente del Consiglio che rinuncia al suo emolumento. Secondo: nell'ottica della trasparenza (seconda stampella di una politica etica), non è da disprezzare il fatto che le dichiarazioni dei redditi e dei patrimoni dei membri del Governo siano pubbliche. Il taglio dei consigli provinciali - le nuove modalità di elezione - e il tagli dei membri delle Autorità sono un ulteriore passo in avanti. Resta molto da fare e molto non è nelle disponibilità del Governo ma degli organi Costituzionali, Camera e Senato in primis. Qualcosa i presidenti Fini e Schifani hanno iniziato a fare. Qualcosa in più si può e si deve fare. E qualcosa in più potrà fare ancora il Governo, tagliando, per esempio, le comunità montane, e gli enti di sottogoverno inutili, tagliando quanto è possibile. Molto facciano anche le Regioni e gli enti locali. Però non scadiamo nel populismo. La strada è lunga e nessuno ha la bacchetta magica.
© 2011 Il Sole 24 Ore. Tutti i diritti riservati