
In questo terzo anno di crisi dell’eurozona un ruolo importante lo riveste la fiducia nella capacità di funzionamento di una unione monetaria composta da 17 Stati autoresponsabili che devono rispondere a tre domande fondamentali: come deve svilupparsi l’integrazione europea? Si deve spostare in avanti il rapporto tra sovranità nazionale e potere decisionale europeo? E se la risposta è sì, come devono essere strutturati e legittimati democraticamente i processi decisionali? Se si segue questo filo, la conseguenza logica è la creazione di una unione fiscale come pendant all’unione monetaria. Non si tratta qui di un grosso bilancio europeo comune né di una politica fiscale unica. L’obiettivo dovrebbe piuttosto essere una più rigorosa prevenzione delle diseguaglianze economiche e fiscali e soprattutto l’effettiva imposizione di regole di bilancio condivise. Una maggiore integrazione ha il potenziale per dare all’unione monetaria una base stabile. Questa via richiede l’assenso delle popolazioni e regole irremovibili.
Può una più forte integrazione garantire meglio la stabilità dell’unione monetaria? Più integrazione attraverso l’unione fiscale significa non lasciare agli Stati membri margini per indebitarsi stabilendo con regole severe. Questo tocca direttamente la sovranità degli Stati, perché i poteri relativi ai bilanci verrebbero trasferiti sul piano dell’Ue - almeno quando uno Stato va ripetutamente contro le regole di bilancio. Ma se l’integrazione è fatta male, c’è il rischio di peggiorare un già precario status quo, minando politicamente l’accettazione dell’unione monetaria. Elemento centrale di una unione fiscale dev’essere il riconoscere l’esistenza di differenze nazionali e non deviare verso un centralismo da economia pianificata.
Di fronte alla crescente insicurezza la politica deve fare chiarezza sulla direzione del viaggio: si torna indietro verso una unione monetaria dove ognuno è responsabile per sè o si procede verso una maggiore integrazione, che potrebbe sfociare in una unione politica, ma anche in una unione fiscale richiede una sostanziale rinuncia alla sovranità, per dare una base solida al progetto unitario?
L’esperienza che abbiamo fatto finora dell’unione monetaria insegna che le regole vincolano e sono praticamente rilevanti solo se la maggioranza della popolazione le appoggia e le vive effettivamente. Proprio questo è rilevante dal punto di vista tedesco. La Germania ha rinunciato al marco nella fiducia che la sua cultura della stabilità sarebbe proseguita anche nell’unione monetaria e può, nell’attuale cornice dell’unione monetaria, attuare il suo veto su molte questioni. Rinunciare in futuro a una integrazione più profonda non sarebbe consigliabile se le future regole non formassero una qualche unione. Quale sarebbe il valore di una unione politica nella quale, con una decisione della maggiorana, principi fondamentali come la stabilità del potere d’acquisto o l’obiettivo della politica monetaria o il divieto di finanziare lo stato stampando moneta potessero essere cancellati? La Germania ha un interesse vitale al successo dell’euro ed è pronta a ulteriori passi di integrazione, ma proprio per questo chiede il rispetto dei patti sottoscritti e delle procedure stabilite. Creare una unione dei debiti, nella quale le decisioni non comportano anche responsabilità o vengono prese senza prevedere controlli, aumenterebbe l’attuale instabilità politica ed economica.
*Presidente della Bundesbank
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