
Il presidente della Banca centrale le Mario Draghi ha detto che è pronto a mettere la mano al portafoglio, a patto che i paesi che glielo chiedono (Italia e Francia, soprattutto) facciano le riforme necessarie a guadagnarsi la paghetta. (L’abbaiare del cane da guardia della Merkel,Wolfang Schauble, secondo cui Draghi sarà meno generoso delle attese, ricorda ai paesi poco virtuosi che continuano a rischiare il fondo dei pantaloni). Francois Hollande, sott’acqua nei sondaggi, ha cacciato il ministro dell’Economia per non avere tra i piedi qualcuno che gli faccia ombra. Matteo Renzi, che gode al contrario di una certa popolarità, si è chiuso in una stanza con i suoi collaboratori più stretti tenendo perfino fuori della porta i ministri interessati: sa che nel consiglio di oggi e in quelli delle prossime settimane si gioca la faccia e vuole radersi la barba da solo. Avremo forse sensati provvedimenti sulla scuola: migliore rapporto col mondo del lavoro, meno supplenti, stipendi più alti agli insegnanti che lavoreranno di più (nessun governo in Italia ha la forza di premiare chi insegna meglio). L’educazione è alla base del successo di un paese: noi dobbiamo recuperare il tempo perduto dal ‘68.
Se l’Italia vuole tuttavia diventare un paese «normale», al passo con le altre nazioni europee, deve sporcarsi le mani con le riforme più difficili: giustizia e lavoro. Renzi assicura che verrà ridotto da tre anni a uno il tempo per avere una sentenza civile di primo grado e sta mettendo a punto una serie di meccanismi tecnici per rendere più scorrevole l’intero sistema. Corretta l’idea di informare il commissario anticorruzione dei procedimenti penali aperti dai magistrati senza dover fare la questua. Molto rischioso, al contrario, avergli consentito di fare sequestri preventivi anche in assenza certificata di un reato. Qui il governo Renzi sembra non avere la forza per sottrarsi all’influenza della magistratura: lo dimostrano le difficoltà nell’adattarsi alla legislazione internazionale in fatto - per esempio - di intercettazioni e di responsabilità civile dei magistrati. È noto che la divulgazione delle conversazioni ha creato un formidabile e perverso circuito mediatico giudiziario che affida a magistrati e giornalisti la vita stessa delle persone: altrove tutto questo è inconcepibile. Renzi avrà la forza di cambiare verso anche qui? E sulla responsabilità civile dei magistrati che oggi di fatto non esiste si farà una riforma vera o si scriverà qualche pagina nuova del Gattopardo in cui tutto cambia perché nulla cambi?
Resta la riforma delle riforme, quella sul lavoro. Il Jobs Act è fermo dal 3 aprile e non può restarlo ancora a lungo. Qui le pressioni sul presidente del Consiglio da parte dell’ala sinistra del suo partito sono scontate. Ma Renzi è a un bivio: sta semplificando e accorciando procedure e tempi del divorzio tra coniugi, riuscirà a farlo tra lavoratori e dipendenti? Scrivo questo articolo da New York: Manhattan è una selva di gru, la ripresa economica è tangibile, il lavoro cresce, ma resta senza garanzie. E’ nelle tradizioni di questo paese dire a un dipendente di vuotare i cassetti e di cercarsi domani un altro posto mettendogli in mano una modestissima liquidazione. La nostra cultura è per fortuna molto diversa. Ma non può essere a lungo troppo diversa. Apriamo tutti i paracadute sociali che vogliamo, come si fa altrove in Europa, ma entriamo nell’ordine di idee che un rapporto di lavoro non può essere perpetuo. Renzi finora ha parlato molto e brillantemente, come l’atleta di Rodi che nella favola di Esopo si vantava di aver fatto un salto così audace da andare da un piede all’altro del Colosso. Mentre lui cercava i testimoni dell’impresa, un signore gli disse: Hic Rodus, hic salta. Qui c’è il Colosso, facci vedere il salto che dici di essere capace di fare. Dai, Matteo: provaci....
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