
03/08/10
Corriere della Sera
Niente ministri. Niente fischi. Ma dire che il trentennale della strage alla stazione di Bologna non abbia avuto le sue asprezze, sarebbe troppo. La scelta senza precedenti del governo Berlusconi di farsi rappresentare in piazza dal solo prefetto Tranfaglia, se da un lato ha tolto ai contestatori di rito (qualcuno li definisce di professione) l'arma preferita, dall'altro ha coagulato l'attenzione sulle tante domande senza risposta che da 30 anni danzano come fantasmi attorno all'attentato del 2 agosto 1980 (85 morti, 200 feriti). E se poi queste domande vengono fatte proprie dal presidente della Repubblica, allora è inevitabile che diventino l'asse portante di un anniversario, che non è solo memoria, ma anche pressante richiesta, come ha fatto dal palco il presidente dell'Associazione delle vittime, Paolo Bolognesi, «di ulteriori indagini per arrivare ai mandanti della strage». Le parole di Giorgio Napolitano, lette sotto un sole cocente poco prima che tre fischi di treno ricordassero lo scoccare delle 10 e 25, ora della strage, hanno inchiodato tutti, autorità sul palco e cittadini sotto, a quella che è la grande ferita mai rimarginata: «La trasmissione della memoria di quel tragico fatto scrive il capo dello Stato non è solo un doveroso omaggio alle vittime, ma impegna anche i magistrati e le istituzioni a contribuire, con ogni ulteriore possibile sforzo a colmare persistenti lacune e ambiguità sulle trame e le complicità sottese a quel terribile episodio». Una «ricerca di verità» invocata nei loro messaggi anche dai presidenti dei due rami del Parlamento, Fini e Schifani. Ma che è diventata un vero e proprio grido, accompagnato dagli applausi dei 5000 della piazza, nel discorso di Bolognesi, che ha parlato a nome dei parenti delle vittime. Ricordati i depistaggi, «i veleni contro le tante verità accertate» e «i mandanti senza volto», il presidente dell'Associazione dei familiari ha denunciato una sorta di continuità tra «la presenza in questi 30 anni di un grumo cancerogeno che ha commesso stragi e omicidi» e «il recente arresto di Flavio Carboni» nell'inchiesta sulla cosiddetta P3. Durissimo poi l'affondo nei confronti dei «premi agli assassini». In un silenzio pesante, Bolognesi ha ricordato che «Fioravanti e la Mambro, condannati a 14 ergastoli, hanno scontato in carcere 2 mesi per ogni morte causata» e ha riferito «di aver appreso con sconcerto che i due stragisti hanno fatto parte del comitato elettorale di Emma Bonino durante le Regionali nel Lazio». Niente ministri. Niente fischi. «Ma nemmeno risposte» ha incalzato Bolognesi, che si è scagliato («Una vergogna») contro l'ipotesi di prorogare il segreto di Stato, accusando il governo di «scarsa attenzione verso le vittime». Le cerimonie di piazza (c'era anche la figlia di Aldo Moro, Agnese) si sono chiuse con la lettura dei nomi degli 85 morti da parte di due ragazze nate nell'80. E mentre la gente sciamava, è scoppiata la polemica sull'assenza dei ministri. L'ha innescata il sottosegretario Giovanardi, difendendo la scelta dell'esecutivo e parlando di «piazza di odio e livore». Pd e Idv hanno risposto duro: «Parole ignobili». Il segretario Bersani, presente nel corteo, pure: «Il governo è in pieno sbandamento». Davanti alla stazione, 85 persone (quante furono le vittime) si sono sdraiate per terra. E facevano impressione.
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