
10/09/10
Il manifesto
Solo con(tro) tutti, era lo slogan che Nichi Vendola scelse e per le primarie di gennaio in Puglia. Uno slogan che il presidente pugliese potrebbe benissimo rispolverare anche oggi che la partita si ripete su scala nazionale. Solo. Per scelta. Contro partiti e oligarchie. E così da giorni Prc, Pdci, Federazione della sinistra, Socialisti e Verdi bombardano la scelta del governatore. Ieri l'esecutivo del Sole che ride ha denunciato ufficialmente «attacchi gravissimi e inaccettabili» da parte di Vendola. Scelte che per il partito di Bonelli «rischiano di condannare il centrosinistra al suicidio politico ed elettorale»: «Ricordiamo a Vendola che quello con cui ha vinto in Puglia era proprio un nuovo Ulivo, a cui hanno partecipato quelle forze che oggi Vendola continuamente denigra». Anche Cesare Salvi, portavoce della Federazione della sinistra (sul manifesto di ieri), ha criticato le primarie argomentando che «i partiti non solo ci sono, ma alle elezioni ci saranno». E dunque «spetta a chi si candida l'onere di dire quale alleanza ha in mente».
Logico che l'alleanza democratica proposta da Bersani rappresenti per i partiti fuori dal parlamento un'ancora di salvezza insperata. Basti pensare che Rifondazione il più grande dei vecchi «cespugli» - ha i dipendenti in cassa integrazione, il segretario che lavora part time alla regione Piemonte e Liberazione sull'orlo della chiusura. Con il voto nel 2013 e senza rimborsi elettorali le possibilità contabili, economiche, di sopravvivenza erano assai scarse. Invece una campagna elettorale a primavera, con il Pd che consente di entrare in coalizione (e dunque di tornare in parlamento) è una botta di vita da accogliere «senza se e senza ma», come avrebbe confessato Ferrero ai suoi. A inviperire così tanto gli ex alleati arcobaleno il sospetto - non infondato - che se non Vendola sicuramente una parte di Sinistra e libertà coltivi insieme a pezzi del Pd la volontà di escludere i simboli di comunisti e Verdi dalla coalizione. Inevitabili fuoco e fiamme, Pirotecnici però. Perché in privato, almeno ai vertici del Prc, sono ben consapevoli che alle primarie non potranno sostenere Chiamparino, Bonino o Bersani. La candidatura di Vendola dunque andrà giocata - avrebbe ammesso Ferrero in segreteria - «in positivo», agganciandola ai propri argomenti. L'alleanza è inevitabile. I voti dei tanto vituperati «cespugli» al Pd-nuovo Ulivo servono come il pane. Soprattutto al senato, dove non è da escludere un voto disgiunto tacito e inconfessabile dei partiti sotto lo sbarramento a vantaggio dei democratici. Anche perché l'alleanza democratica (che Ferrero a onor di cronaca avanzò appena eletto segretario) è un'idea sacrosanta sulla carta ma in concreto fa un po' acqua. Se i voti dei comunisti saranno determinanti per la fiducia al governo si rischia un '98 già al primo giorno di apertura delle camere. È paradossalmente, se non vogliono ripetere le tormentate rotture del passato, i comunisti dovrebbero sperare di essere eletti in parlamento senza essere decisivi.
Vendola per ora va avanti come se nulla fosse. Il suo entourage interpreta i tentennamenti del Pd sulla convocazione delle primarie come «un disco rotto», una ripetizione delle obiezioni già viste per là Puglia. Ai nastri di partenza anzi c'è già una campagna di opinione per aprire i gazebo: raccolta firme, manifestazione, come, si vedrà La pretesa «solitudine» di Vendola in Puglia però era giocata soprattutto contro il Pd dalemiano. Stavolta il Pd ha imparato la lezione e non a caso srotola al governatore tappeti rossi ovunque vada. Una «solitudine» che in questo caso rischia di essere molto più reale che metaforica se come sfidante si ha non Francesco Boccia ma direttamente il segretario del Pd. Bersani, «terzo» incomodo emiliano, spariglia la corsa tra il liberal nordista Chiamparino e il meridionalista di sinistra Vendola. Il segretario è e sarà un osso duro per il leader pugliese. Anche giocando da puro mediano lo ricaccerà nella parte sinistra del campo, dove Vendola non può restare se vuole vincere. Si spiega così, forse, anche la brusca frenata di una testata-partito come Repubblica sulle gesta del governatore.
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