
01/09/10
Corriere della Sera - ed. Roma
«Le donne non sanno competere», parola di Renata Polverini. La presidente della Regione Lazio lo ha detto con una punta (e forse qualcosina di più) di amarezza, ma con grande convinzione. Si riferiva alla sua avversaria nelle recenti regionali, Emma Bonino, rea, a suo avviso, di «non aver condotto una campagna elettorale corretta» e di «essere scesa su questioni squallide, toccando il piano personale».
Non ha aggiunto altro sull'argomento, Polverini. Perciò non è dato sapere se si riferisse al «caso», cavalcato all'epoca dai radicali, della provenienza di uno dei suoi appartamenti, o a qualche altra vicenda. Ha soltanto precisato che da allora non ha più voluto avere un confronto elettorale con la vice presidente del Senato e che quando si sono incontrate Bonino non l'ha nemmeno salutata. E pensare che avevano cominciato bene la loro competizione, scambiandosi baci e abbracci.
Ma le questioni personali che sono intercorse tra le due interessano fino a un certo punto. Tutt'al più possono soddisfare la curiosità di chi si ciba di gossip. Né è poi troppo importante sapere se Polverini abbia ragione ad accusare Bonino, o se abbia calcato un po' la mano. Ciò che conta è quella frase - «le donne non sanno competere» - che racconta una realtà della politica italiana di cui non andare certo fiere (ma neanche fieri).
In quel campo - e purtroppo non solo in quello - lo spazio riservato alle donne è poco e i posti a loro disposizione sono assai meno delle poltrone destinate agli uomini. Quindi, spesso e volentieri, si scatena una competizione selvaggia, persino all'interno dello stesso schieramento. Gomitate e calci negli stinchi sono all'ordine del giorno, benché spesso li si mascheri dietro un sorriso e un pizzico di ipocrisia. La solidarietà femminile in Italia è merce rara, se non introvabile. Le donne non sanno far lobby. Appena ci provano, ecco che dopo un po' affiorano invidia e gelosia. Ma c'è anche di peggio, di molto peggio: le donne per riuscire a salire la scala della gerarchia politica e occupare posizioni di prestigio si appoggiano agli uomini.
Nel senso che si intruppano in una corrente o in un partito, obbediscono agli ordini del leader di turno e ne diventano le sostenitrici più fedeli e accanite. Tutto ciò per venir poi ricompensate dalla «magnanimità» (con tante, tante virgolette) maschile e ottenere così un seggio in Parlamento, piuttosto che un ministero, o anche solo uno strapuntino in un consiglio comunale. E' un caso, questo, che non riguarda le due protagoniste in questione, nonostante i rapporti che legano Emma Bonino a Marco Pannella e Renata Polverini a Silvio Berlusconi. Per tante altre, però; la realtà è questa. Ma perché mai le donne non provano a incanalare la competitività altrove? Nei confronti degli uomini, per esempio. Per contendere ai maschietti i primi posti, invece di elemosinare quel che resta della spartizione che hanno fatto prima, tra di loro, a porte chiuse, anzi sbarrate.
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