
Il cammino del referendum sulla giustizia proposto dai radicali italiani prosegue al rallenty. Piace più o meno, da sinistra a destra, ma la svolta, in termini numerici, ancora non è arrivata. La raccolta delle firme va avanti ma non basta. «Se Berlusconi, filmato dalle telecamere, andasse a mettere la propria firma metà del lavoro sarebbe fatto. Tutti i cittadini lo saprebbero». Ammette Maurizio Turco, vicepresidente del Partito radicale, eletto alla Camera all’interno della delegazione Radicale nel Partito Democratico. Secondo Turco, che si sta occupando del coordinamento della raccolta firme, la parola d’ordine è «8.092. Ovvero i comuni nei quali è possibile apporre le firme per il referendum. Gli italiani devono sapere che per votare basta andare nelle segreterie comunali». Dieci quesiti su dodici toccano, più o meno direttamente, la materia giustizia e l’argomento ovviamente al Popolo delle libertà interessa moltissimo. La prontezza della Corte di Cassazione di fissare l’udienza del ricorso per il processo Mediaset ha attivato le antenne dei fedelissimi del Cav, che un po’ in tutta Italia si sono mobilitati per raccogliere firme assieme ai radicali. «Il Pdl si sta muovendo», conferma Turco, «ma non basta. Ci sono regioni ferme come Sicilia, Sardegna e Piemonte. Anche il Veneto adire la verità. Si è mosso soltanto Galan».
In Campania, Lazio, Lombardia e Puglia le riunioni tra radicali e Pdl ci sono state eccome. «Abbiamo mandato i moduli conferma Turco». L’uscita allo scoperto del Cavaliere aiuterebbe non poco. I vertici del Pdl due settimane fa a Palazzo Grazioli, in risposta alla calendarizzazione del ricorso Mediaset, avevano stabilito l’appoggio all’iniziativa. «Ora serve suonare la carica», incalza Turco. Roma e il Lazio si stanno muovendo. «Alcune sono battaglie che storicamente appartengono al centrodestra mentre su altre lasceremo piena libertà d’opinione», ha spiegato il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso. Infatti, all’interno del Pdl, c’è un accordo di massima sulla «necessità di una riforma della giustizia», come affermato dal vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri e su temi come la responsabilità civile dei magistrati, sulla custodia cautelare e sul reinserimento di chi ha svolto incarichi nella pubblica amministrazione ma, non tutti la pensano allo stesso modo, per esempio, sull’eliminazione dell’ergastolo. Tuttavia, «installeremo dei gazebo per raccogliere le firme e portare il popolo a esprimersi». Per Fabrizio Cicchino, deputato del Pdl, presidente della commissione Esteri di Montecitorio, è necessario «fare autocritica per il passato. Per una riforma che non abbiamo avviato anche per il parere contrario di qualcuno della coalizione come la Lega. Ora però, visto che in Parlamento non mi pare che ci sia intenzione di fare qualcosa e visto che ci sono mezzi democratici alternativi come il referendum, faremo tutto quello che possiamo per dare una mano all’iniziativa dei Radicali».
Mario Staderini, segretario dei Radicali, pur apprezzando la movimentazione da parte del Pdl, ha detto di comprendere la difficoltà, da parte dei berlusconiani, di sostenere alcuni quesiti. «Mi rendo conto», spiega Staderini, «che il quesito sulle droghe leggere possa essere difficilmente accettato dal Popolo delle libertà, ma bisogna anche ammettere che le politiche che volevano risolvere problemi sociali con la galera sono fallite. E poi ci sono dati incontrovertibili: il 42% dei detenuti delle carceri italiane per le carceri italiane è dentro per violazione della legge sulle droghe leggere». Se le carceri sono piene, questa la ricetta dei radicali, allora vale la pena cercare soluzioni alternative. E proprio ieri il leader dei radicali, Marco Pannella, ha visitato il carcere di Regina Coeli. «Siamo qui per rendere grazie e forza ai detenuti della seconda, terza e quarta sezione del carcere "Regina Coeli". Sono in sciopero della fame e in lotta non violenta: lotta non di protesta ma proponendo amnistia e i referendum che riguardano i diritti umani e civili». La visita è stata l’occasione per rinnovare l’invito a partecipare ai 12 referendum proposti dai Radicali. Tra questi, anche quello per l’abolizione dell’ergastolo. Insieme al leader radicale, giunto al quinto giorno di sciopero della fame, anche i senatori Luigi Compagna, e Benedetto Della Vedova (Sc) e il deputato Sandro Gozi (Pd). Ieri mattina, una delegazione referendaria si è presentata al Ministero dell’Interno per chiedere una risposta alla lettera del 5 luglio con cui si denunciavano i rischi per la raccolta firme a causa del fatto che «le Istituzioni non garantiscono un adeguato servizio pubblico di autenticazione delle firme dei cittadini, impedendo o limitando in molte città la raccolta delle 500 mila firme necessarie per i referendum».
Con il sole cocente e i quasi quaranta gradi della Capitale i Radicali hanno atteso per un’ora con in mano i moduli dei referendum e le penne. Legati al collo cartelli con i nomi delle tante città dove i cittadini non riescono a fare i banchetti per la raccolta firme a causa dell’assenza di autenticatori. Dopo essere stati invitati a rimuovere i cartelli, i Radicali sono stati ricevuti dai responsabili dell’Ufficio servizi elettorali, che si sono impegnati a sensibilizzare i Comuni e le Province per garantire un adeguato servizio di autenticazione anche al di fuori degli uffici comunali. Mario Staderini e Michele De Lucia, segretario e tesoriere di Radicali italiani, hanno espresso soddisfazione per l’incontro avuto con i funzionari del Ministero, considerando il gesto «un primo passo avanti» rispetto alle richieste avanzate.
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