
L’Europa dell’euro ha risposto alla Grecia, che della zona euro è scivolata ai limiti estremi. E che ora si vede lanciare da Bruxelles l’attesa cima di salvataggio: prestiti bilaterali per 8o miliardi in 3 anni, cui si aggiungeranno 30 miliardi dal Fondo monetario internazionale, sono stati deliberati dal vertice straordinario dell’Eurogruppo, l’organismo che riunisce i ministri finanziari dei 16 Paesi dell’Eurozona. In tutto, dunque, 110 miliardi: che dovrebbero consentire ad Atene, soffocata dai debiti, di non dover cercare capitali sul mercato, alla mercé della speculazione. I primi fondi dovrebbero arrivare prima del 19 maggio, giorno in cui scadranno 9 miliardi di titoli pubblici greci. Il tasso di interesse sarà di circa il 5 per cento, per i prestiti di Eurolandia, e di circa il 3% per quelli dell’Fmi. Già nel 2010, dalla zona Euro arriveranno 30 miliardi e dall’Fmi 15. I vari Paesi contribuiranno in maniera proporzionale alle proprie
quote di capitale nella Banca centrale europea: la Germania per 8,4 miliardi, l’Italia per 5,5, e così via. Francia, Germania e altri auspicano un «contributo volontario» delle banche. E 10 di quei 110 miliardi sono stati destinati a un fondo di stabilizzazione per le banche greche.
«E’ un accordo positivo», commenta il ministro del Tesoro italiano Giulio Tremonti. E’ vero, l’aiuto giunge dopo mesi di incertezze, ma «questi sono i tempi delle democrazie», spiega il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Junker. Che fa capire, senza troppi giri di parole, come il soccorso alla Grecia non sia motivato solo dalla solidarietà europeista: «I rapporti della Commissione Europea e della Bce ci hanno confermato che la stabilità finanziaria dell’insieme dell’Eurozona è minacciata».
Poche ore prima, ad Atene, il governo ha annunciato il piano di austerità, concordato con Ue e Fini, cui sono vincolati i prestiti: tagli massicci al deficit, fino al 10% in due anni (e nel 2014, dovrà tornare sotto il 3% del Pil stabilito per tutti), abolizione di tredicesime e quattordicesime dei dipendenti pubblici, aumenti delle tasse. Dopodomani, sarà sciopero generale. L’incertezza non è finita con gli aiuti europei, lo sa Atene e lo sanno forse ancor meglio Bruxelles o Berlino.
E anche questo spiega bene le espressioni così diverse, alla conferenza stampa che chiude l’Eurogruppo. Accanto a Junker e al commissario Ue agli affari economici Olli Rehn, c’è Jean-Claude Trichet, il presidente della Bce, con una cravatta rosa che sembra implorare ottimismo: e al suo fianco, la cravatta quasi nera di George Papaconstantinou, il ministro delle finanze greche. Che giura, aggrondato. «Rimborseremo i nostri debiti fino all’ultimo euro. Non siamo un Paese sotto tutela. Siamo decisi a far di tutto per cambiare. Non potevamo continuare così: chi può vivere con un deficit da 30 miliardi, con un debito pubblico da 300?». E certo è una domanda retorica, la sua: ma in queste ore di burrasche e salvataggi, è come se fosse rivolta a varie capitali dell’euro, non solo ad Atene.
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