
23/03/11
Terra
«Milano non sa quale città vuole essere in futuro, è in crisi di visione» Così Emma Bonino disegna i contorni di una capitale economica che a 5 anni di distanza dall'esposizione universale e a meno di due mesi dalle elezioni amministrative, non trova la forza di cambiare investendo su energia, ambiente e innovazione. Ne sono la prova i continui dissidi interni al cda di Expo, l'oramai spinosa questione della data in cui i cittadini potranno esprimere il loro parere sui 5 quesiti referendari ambientalisti proposti da Milano Si Muove e l'ambiguità di Comune e Regione sul tema del nucleare. «I cinque referendum insieme all'occasione di expo, dovrebbero servire a questo - ha affermato la Bonino - a creare una visione di città ecologica e sostenibile, non certo a litigare sulla lottizzazione dei terreni». A quaranta giorni dal termine legale per la convocazione dei referendum infatti, il sindaco di Milano Letizia Moratti, non ha ancora ricevuto il comitato promotore. È Enrico Fedrighini, capogruppo dei Verdi a Palazzo Marino a presentare una delibera che se approvata dal resto del consiglio comunale, aprirebbe alla possibilità di un election day referendario in data 12 giugno, giorno in cui gli italiani, proprio come 24 anni fa, saranno chiamati ad esprimere il proprio parere sul nucleare. Ma la possibilità di accorpare i 5 quesiti alla consultazione sull'atomo non sarebbe solo simbolica. «Solo facendo scelte concrete come quelle indicate nei quesiti per l'ambiente di Milano - ha concluso Fedrighini si riuscirà a rendere davvero marginale l'ipotesi del nucleare». Una battaglia, quella contro il ritorno All'atomo, da sempre cara ai radicali, certi della non convenienza di una scelta di questo genere, soprattutto di fronte alla totale assenza di un vero piano di sviluppo energetico per il Paese. Secondo l'ultima stima dell'ENEA, solo migliorando l'efficienza energetica, da oggi al 2020 si potrebbe risparmiare una quantità di energia pari a quella prodotta da sette centrali nucleari (73 TW), Insomma, consumare meglio e consumare meno, abbandonare il piano nucleare del governo puntando sulle fonti rinnovabili, un settore in corsa, azzoppato dal decreto Romani. Il mercato del fotovoltaico ha fatturato nel 2010 oltre 20 mld di euro, ovvero l'1,2% del PIL nazionale, dando lavoro a oltre 100mila persone. Peccato che il decreto ammazza-rinnovabili abbia messo in ginocchio il mercato: 10 miliardi di ordini cancellati in due settimane e i lavoratori in rivolta come spiega Carlo Durante amministratore di Maestrale, azienda green con sede a Milano: «Se un governo si permette di affossare dalla sera alla mattina gli investimenti pubblici sulle rinnovabili, il risultato è l'affossamento di un qualsiasi piano energetico». Una visione collettiva sul futuro energetico del Paese dovrebbe partire proprio dal capoluogo lombardo, dove i cittadini finalmente, avrebbero potuto la possibilità di riavvicinarsi alla politica proprio grazie all'accorpamento dei referendum sull'ambiente alle elezioni amministrative di maggio o tutt'al più ai referendum nazionali del 12 giugno.
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