
RIO DE JANEIRO- L'appello estremo, poche ore prima, era stato consegnato al presidente
brasiliano Lula, in arrivo sull'isola. «Aiuti i dissidenti cubani, salvi la vita di Orlando!». Ma è stato troppo tardi. Nel pomeriggio di martedì, in un ospedale dell'Avana, è morto di fame Orlando Zapata Tamayo, non un intellettuale ma un idraulico, 42 anni, origini umili, pelle nera. Comunque dissidente del regime castrista, uno dei 55 prigionieri di coscienza considerati tali da Amnesty International. Si è lasciato morire lentamente rifiutando il cibo e le cure per quasi tre mesi, dai primi di dicembre.
Zapata era in carce- re dal 2003, arrestato nella famosa retata dei 75 che in quell'anno espose il tema dei diritti umani a Cuba all`attenzione del mondo. L'episodio è ricordato dai dissidenti come la «Primavera nera» dell'Avana. In quell'occasione se la cavò con una condanna a tre anni per «disobbedienza», ma la pena andò poi aumentando durante la detenzione, che Zapata
non accettò in silenzio. Alla fine, sulle sue spalle si vennero accumulando pene per ben 36 anni di galera, tra cui quella per vilipendio al comandante in capo, cioè Fidel Castro. A denunciare
la situazione dell'uomo è stata in questi anni la madre Reina, che militava nel gruppo delle «Damas de bianco». Sono le donne che una volta alla settimana, vestite di bianco, sfilano silenziosamente nelle strade della capitale per ricordare i propri congiunti in carcere per motivi di coscienza. «E stato un omicidio premeditato, mio figlio è stato torturato per anni e ha sofferto tremendamente», ha dichiarato la donna in una intervista rilasciata a Yoani Sanchez, la famosa blogger, arrivata all`ospedale appena ricevuta la notizia. «Ora dobbiamo lottare affinché gli altri prigionieri politici possano vedere la libertà».
Il presidente cubano Raúl Castro, che oggi compie due anni di presidenza, a sorpresa si è detto dispiaciuto della morte del dissidente e ha affermato che il decesso è «il risultato dei rapporti
con gli Stati Uniti». «A Cuba - ha detto Raúl - non ci sono né ci sono stati torturati, non c'è stata alcuna esecuzione. Queste cose succedono alla Base di Guantanamo».
Era dal 1972, quando si spense in carcere il poeta Boitel, che uno sciopero della fame a Cuba non provocava una vittima. In più, negli ultimi anni, tra scarcerazioni e tentativi di mostrare più democrazia interna, il governo era riuscito a distogliere l'attenzione del mondo sui diritti umani. L'Europa ha da tempo tolto le sanzioni seguite alla retata del 2003 e negli Stati Uniti, con la presidenza Obama, il dibattito sull'eliminazione del famoso embargo è sempre più acceso.
Ma per i dissidenti che ancora vivono sull'isola, liberi o in carcere, nulla è cambiato con il passaggio dei poteri da Fidel a Raúl.
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