
Paradossalmente, l'unico dato positivo per il lavoro dei giovani è che, per ragioni demografiche, di giovani ce ne saranno sempre meno. Ma potrebbe anche non bastare! In fondo anche in passato è successo lo stesso, ma ciò non ha impedito che la disoccupazione salisse al dato record del 36 per cento. E i problemi non mancheranno anche in futuro.
I pochi giovani che cercheranno un posto dovranno vedersela con altre categorie di lavoratori il cui numero, invece aumenterà. Innanzitutto i lavoratori anziani che, grazie (si fa per dire!) alle riforme delle pensioni, registreranno nei prossimi 7-8 anni un aumento molto consistente. E aumenterà anche l'offerta di lavoro femminile, per effetto del ricambio generazionale che vedrà progressivamente aumentare il numero di donne laureate che, come si sa, hanno più elevati tassi di partecipazione.
Aumenteranno anche i lavoratori immigrati. Le proiezioni Istat indicano un saldo netto di immigrazione ancora molto forte nei prossimi 6-7 anni. Può darsi che la crisi riduca i flussi di ingresso. E può anche darsi che parte degli immigrati decida di ritornare indietro.
Ma non vi è dubbio che, indipendentemente dalla crisi, il fabbisogno di manodopera a buon mercato e di bassa qualifica, continuerà ad aumentare. Settori come quello di cura alle persone, oppure quello turistico, saranno fra i pochi che vedranno aumentare la domanda di lavoro. D'altra parte le previsioni relative alla composizione dell'occupazione nel prossimo futuro indicano una tendenza alla polarizzazione, con aumenti di domanda agli estremi della scala gerarchica delle qualifiche (sia qualifiche alte che basse) e contrazioni di domanda di lavoratori di qualifica intermedia (impiegatizia).
Una stima prudente indica in quasi un milione l'aumento di lavoratori immigrati da qui al 2020. Da parte loro, ci sono due milioni di giovani italiani che non studiano e non lavorano. Soprattutto se, come dice il Documento di Economia e Finanza del Governo, i posti di lavoro da qui al 2020 aumenteranno di molto poco. Forse saranno appena sufficienti a dar lavoro a tutti quei lavoratori anziani che dovranno stare al lavoro per effetto della riforma delle pensioni (ammesso che le imprese li possano tenere).
Due milioni di giovani italiani senza lavoro a fronte di un milione di nuovi immigrati danno un quadro di un mercato del lavoro che non funziona, che non riesce a rimediare a un "mismatch" di proporzioni enormi, a uno scostamento colossale tra domanda ed offerta di lavoro.
Ma è proprio impossibile far incontrare un milione di posti poco qualificati e un milione di giovani senza lavoro? Non si potrebbe alzare un poco la qualità e il salario di questi posti e ridurre un poco le aspettative dei giovani (e rendere inutile l'arrivo di un altro milione di immigrati)? Ci vorrebbe la ripresa, è evidente, ma, nel frattempo non si può far niente?
In altri Paesi ci sono misure del tipo "in work benefits" che consistono nel pagare un sussidio pubblico a lavoratori che occupano posti a basso salario (e bassa qualifica) per indurli a tenerseli questi posti e a non abbandonarli.
Non potremmo fare così anche per i nostri giovani? E spendere le poche risorse che abbiamo non per nuovi e più costosi sussidi di disoccupazione, ma per incentivarli ad accettare posti di lavoro che non è detto che debbano rimanere gli stessi e dequalificati per tutta la vita?
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