
L’Italia non cresce perché è un Paese Verde cioè Vecchio, Ricco e Densamente popolato. In un Paese vecchio - e l’Italia lo è: un quinto degli italiani ha più di 64 anni - si formano maggioranze ostili all’innovazione. In un Paese che oggi è due volte più ricco di mezzo secolo fa diminuisce la voglia d’inventarsi o cercarsi un lavoro dove c’è, mentre cresce l’aspirazione a trovarselo sotto casa. Un Paese con 206 abitanti per chilometro quadrato - sei volte di più che negli altri Paesi Ocse - è probabilmente un Paese divertente e animato da una vibrante vita culturale ed economica. Ma in un Paese densamente popolato aprire un negozio e realizzare un’infrastruttura è terribilmente complicato e costoso. E infatti oggi anche i distretti, per replicare il successo di ieri, spesso spostano all’estero in tutto o in parte le loro attività.
L’Italia non è sempre stata un Paese Verde; ma oggi lo è e quindi fatica a crescere. Anche un Paese Verde potrebbe crescere, però. E potrebbe farlo nel mezzo della crisi dell’euro. A un paese vecchio, ricco e densamente popolato, infatti, non servono fiumi di denaro pubblico per crescere. La spesa pubblica è già più di metà del Pil e serve più a conservare l’esistente che a innovare e crescere. Per tornare a crescere, all’economia italiana servono le idee, non le grandi opere pubbliche. È la crescita soft che ci può salvare, non la crescita hard.
Hard è la via dell’investimento in autostrade, edilizia e grandi opere. Insomma, la via cinese. Andava bene all’Italia del dopoguerra; oggi non funziona. È all’ombra delle grandi opere e delle variazioni ai piani regolatori controfirmate da amministratori locali compiacenti che si creano ricchezze dal nulla o meglio dalla prossimità al potere: è con la crescita hard che la malavita organizzata prospera più facilmente. I recenti terremoti hanno purtroppo dimostrato che l’Italia ha ancora bisogno di edifici antisismici. Ma la crescita hard è complicata in un Paese densamente popolato e ricco di particolarismi nel quale si perde spesso di vista la definizione di bene comune. il rischio - molto concreto - è che un modello di crescita hard basato sulla spesa pubblica in infrastrutture ci faccia annegare in un mare di localismi e di corruzione.
È la crescita soft la nostra speranza. Un Paese ricco come l’Italia ha il diritto e l’opportunità di mirare ad uno sviluppo basato sulla produzione e lo sfruttamento delle idee. È dalle Idee che viene il meglio del Made in Italy. E le idee vengono fuori da più efficaci meccanismi di incentivo e di valutazione nei processi formativi, ancora prima che dall’aumento delle risorse pubbliche destinate a scuola, istruzione, formazione e innovazione. Studenti, diplomati e laureati che imparano dai loro docenti a sperimentare e a concepire il nuovo e non solo a studiare i libri dal paragrafo i al paragrafo 5 sono la base per la nascita delle idee e dell’innovazione sociale.
Rappresentano la speranza dello sviluppo di un’imprenditorialità non basata sull’appartenenza familiare oltre che una sfida per la finanza e per le banche che va ben al di là delle preoccupazioni per i criteri di Basilea 3. E poi uno sviluppo soft, basato sulle idee, aiuterebbe a decongestionare e diminuire la densità delle nostre aree urbane. È difficile che un Paese vecchio, ricco e densamente popolato tiri fuori e apprezzi le nuove idee. Ma un Bel Paese Verde che impari ad apprezzare e a remunerare il nuovo può cavarsela anche in un momento in cui i soldi pubblici sono finiti.
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