
L'idea di proibire l'informazione politica in tv, in occasione della campagna elettorale, è fantastica. E' la prima volta che succede. A nessuno mai era venuta in mente un'idea di questo genere, in nessun paese, direi, sicuramente in nessun paese democratico.
In Italia era successo qualcosa del genere un'ottantina di anni fa, nel 1928. Però allora le cose furono più semplici perché non era stata ancora inventata la televisione. Così il governo - che all'epoca era presieduto da un cavaliere che si chiamava Benito Mussolini - proibì ogni tipo di informazione politica. Però - siccome quel governo era molto più efficiente dei governi che vennero dopo - oltre a proibire l'informazione proibì anche la presentazione di liste alternative al partito di governo. In questo modo l'assenza di informazione non ebbe conseguenze significative, cioè non condizionò in nessun modo il voto.
Magari ci potrebbe persino venire l'idea che anche questo fatto di proibire il sovraffollamento di liste sulla scheda, che fu una delle idee-forza del mussolinismo, stia facendo dei discepoli oggi nel centrodestra, che però, siccome sono molto meno aggressivi della vecchia destra fascista, hanno deciso che è più bello escludere se stessi piuttosto che escludere i propri avversari... Prendiamola così, sul ridere e sul filo di scherzosi paragoni storici. Però non è affatto un bello spettacolo. Cancellare i talk show politici sotto elezioni è stata una idea assurda e oggettivamente autoritaria. Farlo in nome della par condicio, poi, è un vero paradosso. Cos'è la par condicio? Una idea, e poi una legge, che prevede che tutti i contendenti politici abbiano le stesse possibilità di usare la televisione come mezzo di propaganda e di diffusione dei propri programmi politici. Idea giusta, legge sbagliatissima. Perché sbagliatissima? Perché ingabbiando l'informazione televisiva dentro un reticolato di norme insensate, si ferisce a morte l'informazione televisiva
e la si rende impraticabile. L'informazione, la televisione, hanno bisogno di uno spazio minimo di libertà, di imprevedibilità, di spregiudicatezza. Altrimenti non vivono, non comunicano niente. L'informazione se non comunica muore. In un sistema come il nostro, multi-partitico, la par condicio è una pagliacciata. Naturalmente la par condicio è nata per risolvere un problema vero. Quello della supremazia di Berlusconi sul piano televisivo, essendo Berlusconi, oltre che il capo del partito di maggioranza relativa, anche il padrone di metà del mondo televisivo italiano. E così il centrosinistra ha pensato che una legge di par condicio avrebbe limitato lo strapotere del suo avversario. La sorte ha voluto che ora le parti si siano invertite. Berlusconi usa la par condicio per mettere a tacere trasmissioni come quella di Santoro, di Floris, di Gad Lerner, e come Omnibus de La7, che considera ostili e molto aggressive; e ottiene questo risultato sacrificando solo due trasmissioni amiche: Porta a Porta e Matrix. Colpo da maestro, da stratega. E il centrosinistra si trova a dover protestare indignato - giustamente indignato - contro la legge che tanto aveva voluto e difeso. Il problema è che in questa partita a scacchi giocata dai due
schieramenti, chi ci rimette è la democrazia. A me non piace parlare di "democrazia negata". Però stavolta quello che è successo è un'enormità. Può una democrazia, in periodo elettorale, proibire l'informazione politica "ordinaria" in tv? Ci sarebbe da chiedere all'Onu
di mandare i suoi osservatori. Berlusconi dice che quella non è informazione televisiva ma è un pollaio. Beh, stavolta ha ragione - pienamente, clamorosamente ragione - Bruno Vespa, quando avverte: «Meglio un pollaio del silenzio». E poi, l'informazione politica spesso è scadente, ma non è mai un pollaio. Come il parlamento non è mai un bivacco di manipoli.
(P. S). Speriamo che ora a qualcuno non venga in mente di proibire
l'informazione sportiva, in vista dei mondiali di calcio...
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