
È come un rogo che brucia tutto: patrimonio, famiglia, lavoro, affetti. A finirci dentro circa un milione e mezzo di persone, perse dietro slot machine, scommesse, giochi online, gratta e vinci. Un popolo variegato che oggi «non risparmia più alcuna categoria: dai ragazzi alle casalinghe sino a intrappolare anziani pensionati», fa notare lo psichiatra Riccardo Zerbetto, docente di psicopatologia all'università di Siena.
Se un tempo lo chiamavano vizio e lo trattavano come un'abitudine dannosa, da anni il gioco d'azzardo, quando non lascia spazio a nient'altro, si è spostato nella casella delle patologie compulsive (grazie anche alla definizione fornita dal Dsm IV, il manuale diagnostico dei disturbi mentali). E come tale curato attraverso percorsi specifici, seppur diversi tra loro. Ma non ancora inserito, però, nei. Lea, i livelli essenziali.
«A occuparsene ci sono alcuni Sert, Asl od ospedali, ma sono comunque pochi: una manciata rispetto all'entità del problema», aggiunge Zerbetto. E a parlare ci sono anche i numeri se si pensa che quest'anno i soldi spesi nei giochi legali, in Italia, dovrebbero toccare gli 80 miliardi di euro: quasi 20 in più rispetto al 2010, e quello online sta divorando una consistente fetta della torta. E con il moltiplicarsi dei giocatori compulsivi si è allargato il sistema di supporto: dalle associazioni ai Sert, passando per i centri specializzati, agli ambulatori delle aziende sanitarie sino a strutture residenziali come quella nata dall'associazione Orthos sulle colline senesi o il progetto "Pluto" finanziato dalla Regione Emilia Romagna conia collaborazione del centro sociale Papa Giovanni XXIII, nella periferia di Reggio Emilia.
Un popolo in crescita, dunque, tanto che si stima che a ricorrere a una qualsiasi struttura siano tra i 700 e gli 800mila giocatori compulsivi. Complice anche la crisi economica che porta a rincorrere la vincita facile per risanare le proprie casse. Come conferma Federico Tonioni, responsabile dell'ambulatorio del policlinico Gemellli di Roma sulle nuove dipendenze (l'unico ospedale con le Molinette di Torino ad aver un centro specializzato): «Bisogna abbandonare l'idea che i giocatori patologici siano quelli seduti dietro un tavolo di poker. La fotografia oggi è ben diversa: ci sono giovani attaccati al computer intenti a puntare online per ore e ore, gli over 70 che comprano centinaia di gratti e vinci, professionisti che buttano denaro e tempo nelle sale scommesse». Ma se strada per smettere è lunga a farcela, però, sarebbe un dipendente su due. Tra questi c'è chi si rivolge ai gruppi di auto aiuto: tra i più famosi quello dei giocatori anoniminato dalla costola degli AA (alcolisti anonimi) stessa strada, stessa passione: i dodici passi, un tutor nei momenti di debolezza, e quella frase stampata nel cuore: "ho ammesso di avere un problema". «Spesso dietro ci sono altre dipendenze», dice Maurizio di Giocatori Anonimi sottolineando come siano «aumentate le donne e i giovani che arrivano nei nostri gruppi». Ma non è l'unica realtà. Tra le tante c'è il Conagga, il Coordinamento dei gruppi per giocatori d'azzardo: rete fittissima di associazioni che abbraccia tutto il territorio che si è data appuntamento per il XXIImo congresso nazionale sul Gap lo scorso venerdì a Rocca di Vignola. Il tema? I "Luoghi del gioco nella contemporaneità" perché come spiega Giuseppe Pugliese, tra gli organizzatori, «è il momento di affrontare anche i pericoli indotti dalla Rete».
Ma le ricadute - per tutti - sono sempre dietro l'angolo. Per questo Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e docente di psicologia del lavoro all'università di Chieti, ha adottato, uno stratagemma: «All'inizio ai miei pazienti spiego che il gioco è un elemento essenziale nella vita e introduco delle restrizioni alle somme da giocare con il supporto dei familiari». Sempre Lavenia, che ha riadattato al gioco d'azzardo le fasi che conducono alla tossicodipendenza stilate dallo psichiatra Luigi Cancrini, (vedi grafico, ndr) ci restituisce uno spaccato della realtà quando tira fuori i dati, aggiornati al 2011, dell'indagine sull'identikit del giocatore d'azzardo patologico: «Su un campione di 500 persone reperite nelle sale scommesse di tutta Italia il 97% ha trai 18 e i 28 anni, è uomo, single e nel 12% dei casi punta soldi alle slot machine». A seguire gli uomini trai 51 e i 61 anni.
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