
Il colpo di maggior effetto mediatico sarebbe quello del dimezzamento del numero dei parlamentari (da 945 a 500, secondo la bozza Calderoli varata a luglio) anche perché questo taglio draconiano del personale politico eletto comporterebbe sulla carta un risparmio teorico di ben 793 milioni di euro ogni anno. Eppure questo dato - ricavabile dal dimezzamento della somma del bilancio della Camera (992 milioni) e di quello del Senato (594 milioni) - è tutto da dimostrare perché a una riduzione del 5o per cento dei parlamentari non corrisponde necessariamente un'analoga flessione della dotazione annua sostenuta dallo Stato per assicurare il funzionamento delle assemblee legislative. I costi fissi infatti rimarrebbero tali.
Ora il taglio netto del numero dei parlamentari, la più drastica tra le misure che potrebbero imporre una cura dimagrante al Palazzo, non è esclusa dal presidente del Senato Renato Schifani, che esorta a «fare di più per dare un segnale al Paese», e in qualche modo viene auspicata dal ministro Giulio Tremonti che chiede «maggiore incisività sui costi della politica». Mentre il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, raccoglie la sfida e, anzi, la rilancia: «Partiamo domani mattina e facciamo il dimezzamento del numero dei parlamentari. Di lì in giù occupiamoci dei piccoli comuni, accorpiamo le province e via dicendo». Eppure, nonostante tante dichiarazioni di intenti, è già iniziata la corsa contro il tempo: trattandosi di una modifica costituzionale, infatti, solo la riforma che parte ora potrebbe far sentire i suoi effetti già nella prossima legislatura (2013). Altrimenti se ne riparla nel 2018.
Per quanto riguarda la volontà politica, anche se tutti i partiti dicono di essere d'accordo, esiste un problema procedurale enorme. Infatti il governo, che a luglio ha varato la bozza preparata dal ministro Roberto Calderoli, intende «caricare» sullo stesso ddl costituzionale anche la riforma del bicameralismo perfetto con l'istituzione del Senato federale e la rimodulazione della forma di governo. Il che, praticamente, rende il «pacchetto Calderoli» improponibile all'opposizione, senza il cui apporto mancherebbe la maggioranza dei due terzi capace di evitare il referendum confermativo.
Eppure la cura dimagrante imposta a Camera e Senato avrebbe il suo forte impatto sulla _spesa. Al Senato, per esempio, verrebbero tagliate della metà molte voci del bilancio 2011: indennità parlamentare (46 milioni), indennità d'ufficio (3 milioni), diaria (15,6 milioni), rimborsi spese viaggio (4,9 milioni) e via elencando. In questo modo, dunque, si dimezzerebbero le competenze dei senatori (81,2 milioni) mentre non è quantificabile la sforbiciata sul trattamento del personale dipendente di Palazzo Madama (141,5 milioni). Il contenimento dei costi fissi, poi, è tutto da verificare: affitti (4,6 milioni), energia elettrica 1,9 (milioni), telefoni (1,3 milioni) fino ad arrivare alla ristorazione (per il ristorante e la buvette dei senatori si spendono 1,2 milioni di euro nel 2011, con un decremento di 234 mila euro rispetto al 2010). Lo stesso discorso, pantografato, vale per la Camera dove la deputata radicale Rita Bernardini ha affrontato una battaglia solitaria per far reintrodurre nel bilancio l'elenco analitico delle spese: «Altrimenti non sapremo mai nel dettaglio dove finiscono i soldi».
La cancellazione delle province sotto i 300 mila abitanti, invece, potrebbe essere varata subito per legge ordinaria ritoccando con la «carta delle autonomie» all'esame del Senato.
La fissazione dell'asticella a quota 600 mila abitanti, proposta da Carlo Vizzini (Pdl), è sembrata davvero troppo alta. Perché già a quota 300 mila sarebbero 38 (27 se si considerano solo le regioni ordinarie) le amministrazioni provinciali destinate a scomparire: in ogni caso, nell'elenco ci sono Vercelli, Rovigo, Siena, Benevento, Enna, Ogliastra. Tuttavia gli effetti di questo taglio - come quello derivante dall'accorpamento dei piccoli comuni- è difficilmente quantificabile: è vero che si risparmierebbero i gettoni e le diarie per centinaia di consiglieri eletti ma è certo che gli impiegati e i funzionari dovrebbero essere ricollocati in altre amministrazioni. Una misura di grande efficacia, infine, potrebbe arrivare con il ridimensionamento drastico dei consigli di amministrazione delle municipalizzate.
© 2011 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati